29 settembre 2016 11:55

Per capire gli eventi che hanno portato alla morte di Abd Elsalam Ahmed Eldanf, travolto da un camion durante un picchetto davanti a uno dei centri logistici della multinazionale Gls il 14 settembre scorso a Piacenza, bisogna ricostruire il contesto. E il contesto è fatto da una serie dettagli, sms, orari impressi sui telefonini, frasi dette o appena abbozzate, piccoli oggetti come il megafono trovato accanto al corpo di Abd.

Solo poche ore dopo l’accaduto, il procuratore capo di Piacenza, Salvatore Cappelleri, si è affrettato a fornire ai mezzi d’informazione la propria versione dei fatti: “Quando il tir è uscito dalla ditta dopo le regolari operazioni di carico, ha effettuato una manovra di svolta a destra. Inoltre escludiamo categoricamente che qualche preposto della Gls abbia incitato l’autista a partire”, ha dichiarato Cappelleri. “Davanti ai cancelli in quel momento non vi era alcuna manifestazione di protesta o alcun blocco da parte degli operai, che erano ancora in attesa di conoscere l’esito dell’incontro tra la rappresentanza sindacale e l’azienda. Allo stato attuale delle indagini riteniamo che l’autista non si sia accorto di aver investito l’uomo che è stato visto correre da solo incontro al camion che stava facendo manovra. Per questo si è deciso di rilasciare l’autista che, tra l’altro, è anche risultato negativo ai test di accertamento per le sostanze stupefacenti e l’alcol”, ha aggiunto Cappelleri.

Nella tesi della procura, fornita prima ancora di sentire tutti i testimoni presenti sul luogo (e cioè soprattutto gli altri operai di origine maghrebina che partecipavano al picchetto di protesta insieme ad Abd), l’evento viene ridotto a un semplice incidente stradale.

Secondo il procuratore capo, dunque: Abd Elsalam Ahmed Eldanf era solo, non c’era alcuna manifestazione o blocco operaio in corso e nessuno ha incitato l’autista a partire.

Da una prima ricostruzione, emerge subito uno scenario diverso da quello fornito dalla procura di Piacenza

Ora che il corpo di Abd Elsalam Ahmed Eldanf, dopo l’autopsia, è stato rispedito in Egitto, lo scontro tra la versione dei fatti offerta dalla procura e quella offerta dal sindacato Usb, a cui l’operaio aderiva, si giocherà sulla dimostrazione di questi tre punti. A rimettere insieme i cocci del contesto, in questo frangente, è Arturo Salerni (tra gli animatori di Progetto diritti), nominato avvocato di parte civile dai famigliari dell’operaio rimasto ucciso. Da una prima sommaria ricostruzione, sostenuta dalle testimonianze degli operai presenti sulla scena, emerge subito uno scenario molto diverso da quello fornito dalla procura di Piacenza.

Abd non era solo
Dal pomeriggio del 14 settembre era in corso un’assemblea dei lavoratori, indetta dall’Usb davanti all’ingresso dello stabilimento Gls, per discutere di un tema cruciale: il mancato rispetto dell’accordo firmato il 31 maggio dalla Gls e dalle cooperative o aziende che assumono per suo conto i lavoratori in subappalto. Quell’accordo chiedeva la stabilizzazione di una quindicina di precari a partire dal mese di giugno, ma in tutta risposta – lamenta l’Usb – la Gls ha chiamato a lavorare altri precari provenienti da un’altra agenzia interinale.

L’assemblea si svolge in un clima di forte tensione. Uno degli operai presenti rivela che intorno alle 20 un preposto aziendale Gls di alto livello si è rivolto agli operai in agitazione, dicendogli senza mezzi termini: “Vi sparo”. Il preposto ha poi aggiunto che avrebbero fatto qualsiasi cosa per impedire che bloccassero i tir in partenza. Un altro lavoratore ricorda un ammonimento del genere lanciato appena un’ora dopo, da un altro preposto aziendale.

Alle 21.50 (gli orari sono importanti, in questa storia) l’assemblea dei lavoratori indice lo sciopero perché ritiene che l’accordo del 31 maggio sia stato sostanzialmente disatteso. Subito dopo comincia una trattativa in un bar a poche centinaia di metri dall’ingresso della Gls. Da una parte ci sono alcuni rappresentanti della Seam, l’azienda che assume i lavoratori maghrebini per la Gls, e il presidente del consorzio Natana Doc. Dall’altra ci sono alcuni delegati e sindacalisti dell’Usb. Il messaggio emerso dall’assemblea è chiaro: se salta la trattativa sull’accordo, comincia subito il blocco.

Il blocco era appena cominciato
Riad Zaghdane, responsabile Usb per la logistica, era in quel bar intorno a un tavolino. “Appena ci siamo sentiti dire che avrebbero voluto rivedere l’accordo e addirittura modificarlo, abbiamo capito che tutto stava saltando. Allora abbiamo subito mandato un sms ai lavoratori davanti ai cancelli dicendo loro di iniziare immediatamente il blocco”.

Il messaggio viene mandato intorno alle 23.35. Alle 23.39 Abd Elsalam Ahmed Eldanf viene schiacciato dal camion. Cosa succede in quei pochi minuti?

Riad Zaghdane continua così il suo racconto: “A quel punto usciamo dal bar e ci dirigiamo anche noi verso l’ingresso dello stabilimento. Con noi c’era anche la Digos, che era rimasta nei pressi del bar a seguire la trattativa. Dopo neanche sessanta metri ci arriva una chiamata che ci annuncia che uno dei nostri è stato investito. Dopo neanche cento metri un autista che stava facendo retromarcia abbassa il finestrino e ci dice: ‘È morto, è morto’ e allora ci mettiamo a correre. Abd era steso a terra, c’era molto sangue. Il megafono era sull’asfalto, a pochi centimetri da lui. Aveva un respiro strano, difficoltoso, come se facesse dei gargarismi. Volevo avvicinarmi a lui, ma non mi hanno fatto avvicinare. Un poliziotto in borghese mi ha preso per un braccio e mi ha detto: ‘Riad, stai calmo, è stato solo un incidente’. ‘Ma come fai a saperlo tu’, se eri con noi, lì al bar?’, gli ho risposto”.

Dice un altro operaio davanti ai cancelli: “Appena abbiamo ricevuto l’sms, Abd si è lanciato contro il primo camion che stava per partire, esortandoci a seguirlo. Urlava: ‘Andiamo, andiamo’. Si è messo a battere con la mano destra sulla parte anteriore del camion. Nell’altra aveva il megafono”.

Un altro lavoratore racconta: “Ero dietro di lui quando Abd si è lanciato. Il camion allora era fermo, l’autista era risalito da poco. Quando Abd ha cominciato a battere con la mano, il camion era ancora fermo”.

Abd Elsalam Ahmed Eldanf, 53 anni, cinque figli, era iscritto all’Usb da tempo. Elsaied, suo fratello, lavorava insieme a lui da precario. Anche lui era lì quella notte. È proprio Elsaied a ribadire che un’ora prima che Abd fosse travolto – presumibilmente, quindi, quando la trattativa era in corso nel bar – un preposto aziendale Gls ha intimato per l’ennesima volta che avrebbero fatto di tutto per far partire i tir in uscita. Il blocco sarebbe stato violato.

Il contesto
Sebbene la procura sembri ribadire la tesi dell’incidente stradale, l’avvocato Arturo Salerni crede che si possa parlare di “colpa con previsione dell’evento” da parte dell’autista. Il punto più difficile da definire, però, è la “cooperazione colposa” da parte della direzione Gls e dei preposti aziendali che erano quella sera davanti allo stabilimento. Hanno effettivamente incitato il camionista a partire, al di là del fatto che (stando alle dichiarazioni di molti operai e sindacalisti lì presenti) avrebbero contribuito ad alimentare la tensione dello scontro in quelle ore?

Dalle telecamere di sicurezza della stessa azienda non si riesce a capire granché. Tuttavia, per capire meglio che cosa è successo quella notte, bisogna allargare lo sguardo all’intera vertenza Gls degli ultimi mesi e fissare l’attenzione su un altro dettaglio, finora rimasto in secondo piano dopo la morte di Abd.

C’è stato anche un ferito, quella sera, a Piacenza. Si chiama Hamed E., ha 21 anni. Quando il camion che ha appena travolto Abd si ferma di colpo e mette la retromarcia, lui è alle spalle. L’impatto è inevitabile, e per questo viene sbalzato a terra. Hamed si procura una contusione al costato, e siccome il dolore è forte si fa controllare al pronto soccorso.

Lo stesso Hamed qualche mese prima, al termine di un altro picchetto, aveva presentato una denuncia alla procura della repubblica di Milano, precisando in poche righe che cosa era avvenuto durante la notte.

In tarda serata del 17.03.2016 mi sono recato a un presidio sindacale innanzi alla sede della società Gls, sita in San Giuliano (Mi). Durante il presidio, verso le ore 2 del 18 marzo 2016, il sig. Pierfilippo De Felice, dirigente della società Gls, mi si è avvicinato nel piazzale e mi ha dapprima colpito violentemente con un schiaffo in faccia, poi si è allontanato, ha afferrato un copertone di un’autovettura che si trovava sull’asfalto e me l’ha scagliato contro il petto. Pochi istanti dopo aver ricevuto il copertone ho accusato uno svenimento e mi sono accasciato al suolo perdendo i sensi. Tutti gli avvenimenti sopra indicati, oltre a essere stati probabilmente ripresi dalle telecamere di sicurezza dell’azienda, sono stati ripresi da alcune videocamere amatoriali, le cui registrazioni qui si riproducono.

Alla denuncia dell’aggressione subita, viene poi aggiunta una lista di una decina di operai, tutti egiziani, quasi tutti residenti a Piacenza, che erano con lui al picchetto.
A confermare che il conflitto sindacale intorno alla galassia Gls ha raggiunto livelli molto elevati, occorre aggiungere inoltre che nell’ultimo anno alcuni dirigenti e delegati Usb sono stati oggetto di denunce penali.

Contro di loro, la stessa procura di Piacenza ha deciso di ricorrere all’articolo 513 del codice penale, un articolo che sembra giungere da antichi codici e che parla espressamente di “Turbata libertà dell’industria e del commercio”. Nella città emiliana tutto questo non viene tirato in ballo per sanzionare una qualche frode illecita o una concorrenza sleale tra imprese, bensì una dura vertenza di lavoro.

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