04 aprile 2024 08:04

In un luminoso pomeriggio estivo del 2019, un uomo passeggiava fuori da un seggio elettorale in un sobborgo verdeggiante di Dublino, tenendo per mano il figlio di dieci anni. L’uomo, come metà degli aventi diritto, aveva appena votato per le elezioni locali ed europee, oltre che per un referendum sul cambiamento della costituzione irlandese.

Gli ho chiesto se avesse voglia di confidare all’Irish Times per chi aveva votato. Si è lanciato subito in una lunga lezione sui meriti dei consiglieri comunali che aveva scelto.

“E per quanto riguarda i parlamentari europei?”, ho insistito.
“Oh”, ha risposto con aria confusa. Poi ha guardato il figlio e ha aggiunto: “Beh, come abbiamo… cioè come hai… votato?”.

In Irlanda le europee sono definite dai politologi “elezioni di second’ordine”. Gli elettori irlandesi non prendono sul serio né il voto né il parlamento europei, nonostante le sue prerogative siano state rafforzate negli ultimi anni. In fondo, quindi, non ci sarebbe niente di strano se anche un bambino di dieci anni avesse il diritto di voto per l’assemblea di Strasburgo, avrà pensato l’uomo.

Nel 2019 il voto europeo è stato organizzato insieme ad altre elezioni più importanti per incoraggiare gli irlandesi a partecipare. E l’affluenza è stata del 49,95 per cento.

Le elezioni europee del 2024 non saranno diverse. I partiti cercheranno di favorire l’affluenza programmando altre elezioni nello stesso giorno, nella speranza di aiutare i loro candidati europei. Più l’affluenza è bassa, infatti, e maggiori sono le probabilità che si affermi un candidato indipendente o legato a una causa particolare, com’è successo nel 2019, quando i Verdi sono stati i più votati a Dublino. Evidentemente quando la posta in palio non è così importante, gli elettori non sentono di dover fare uno sforzo per aiutare i partiti tradizionali.

Le europee di giugno, più che un’occasione per esprimersi sulla politica europea o sulle attività degli eurodeputati, saranno considerate da molti come una prova generale delle elezioni legislative in programma l’anno prossimo. Barry Andrews e Ciarán Cuffe, due eurodeputati eletti a Dublino cinque anni fa, sottolineano con rammarico che perfino nei dibattiti televisivi dedicati alle europee è difficile parlare di questioni comunitarie.

Il dibattito si concentra sull’attività dei partiti di governo e dell’opposizione, o su temi come gli alloggi e il costo della vita, in cima alle preoccupazioni degli elettori secondo tutti i sondaggi, ma del tutto estranei alle competenze degli eurodeputati.

Quest’anno gli analisti osserveranno con particolare interesse i risultati dello Sinn féin, partito di opposizione di orientamento genericamente socialdemocratico (parte del gruppo europeo I verdi/Alleanza libera europea) nonché ex ramo politico dell’organizzazione paramilitare cattolica e repubblicana Ira. I sondaggi prevedono che lo Sinn féin supererà i due tradizionali partiti di governo, il Fine Gael (legato al Partito popolare europeo) e il Fianna Fáil (legato a Renew Europe). Un risultato di questo tipo potrebbe proiettarlo alla guida del prossimo governo irlandese.

Secondo un’analisi dei sondaggi fatta dallo European council on foreign relations (Ecfr), lo Sinn féin raddoppierà il numero di voti ottenuti nel 2019, passando da uno a quattro seggi. Oltre a provocare un importante cambiamento nelle dinamiche politiche irlandesi, l’ascesa del partito potrebbe avere ripercussioni anche a livello europeo. Qualcuno sostiene che lo Sinn féin potrebbe trovarsi più a suo agio all’interno del gruppo di centrosinistra Socialisti e democratici (Sd). Se infatti dovesse arrivare a guidare il prossimo governo irlandese, avrebbe un posto nel Consiglio europeo e parteciperebbe alle influenti riunioni dei leader dell’Sd.

Nel voto europeo del 2019 il grande vincitore è stato il Fine Gael, che ha conquistato cinque seggi sui tredici riservati all’Irlanda. Tuttavia, considerando che quest’anno ci sarà un seggio in più in palio, l’analisi dell’Ecfr prevede che il partito conservatore potrebbe perderne fino a tre. Probabilmente le dimissioni del suo leader, il primo ministro Leo Varadkar, arrivate il 20 marzo scorso, non faranno una grande differenza. I verdi, invece, incontreranno grosse difficoltà a mantenere i loro due deputati.

Le elezioni si svolgeranno sullo sfondo di alcuni grandi dibattiti a livello comunitario, dalla guerra a Gaza fino al destino del green deal, passando per le politiche migratorie. Eppure gli eurodeputati irlandesi non si differenziano molto su questi temi. Tutti i candidati sostengono le misure a tutela dell’ambiente. Il Fine Gael ha addirittura rotto con le indicazioni del Partito popolare europeo quando ha votato a favore di una legge per il ripristino della natura contestata da molti agricoltori irlandesi. Il partito, inoltre, ha sostenuto energicamente le critiche del governo irlandese agli attacchi israeliani contro Gaza e al sostegno incondizionato garantito a Tel Aviv dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Fatta eccezione per un paio di indipendenti, gli europarlamentari irlandesi hanno appoggiato con decisione gli sforzi per aiutare l’Ucraina.

Nonostante l’ostilità che si registra all’interno di alcune comunità locali nei confronti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, nulla lascia prevedere un’affermazione delle forze populiste di estrema destra che dominano i sondaggi in gran parte d’Europa. Gli eurodeputati irlandesi hanno sostenuto sia il governo sia l’Unione nell’accoglienza dei migranti e sono favorevoli a condividere gli sforzi per affrontare i flussi migratori.

Secondo i sondaggi, il 48 per cento degli elettori irlandesi è favorevole all’immigrazione dai paesi extraeuropei. Difficilmente, dunque, questo tema si rivelerà decisivo per l’esito delle elezioni.

L’opinione pubblica irlandese resta inoltre largamente ottimista (83 per cento) a proposito del futuro dell’Unione europea, molto più di tutti gli altri ventisei paesi comunitari, dove la media è del 61 per cento. Eppure, paradossalmente, gli irlandesi continuano a sembrare del tutto indifferenti alle prossime elezioni.

Questo articolo fa parte del progetto Voices of Europe 2024, che coinvolge 27 mezzi d’informazione in tutta Europa, coordinati da Voxeurop.

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