03 novembre 2005 00:00

Ha il volto bianco dalla paura. I suoi occhi angosciati guizzano da un lato all’altro del tavolo e i nostri sguardi sono tutti su di lui. Irrigidisce i muscoli della mascella e prende in mano una conchiglia striata di verde. La creaturina grigia luccica al lume di candela. Lui la infila in bocca e mastica.

Fa una smorfia, mastica un altro po’, aggrotta disperatamente le sopracciglia e manda giù. Ma la deglutizione si trasforma in un conato. Un viscidume grigiastro gli schizza fuori dalla bocca. Lui lo fissa. Con uno sguardo di sfida, lo rinfila in bocca. Un attimo dopo se lo ritrova di nuovo sul piatto. Paul, il nostro batterista, non aveva mai assaggiato le ostriche prima d’ora.

Paul adora mangiare. In questa tournée sta compilando una classifica degli hamburger che ha provato in giro per il mondo, ricavandola da una complessa graduatoria basata sull’aspetto, i condimenti, la consistenza, la presentazione e l’originalità. In cima alla lista c’è un testa a testa tra il panino di Freshness Burger a Tokyo e quello di In ‘n’ Out Burger a Los Angeles.

I nostri ultimi pasti on the road sono stati abbastanza squallidi. Sulle rive del Grande Lago Salato abbiamo mangiato una confezione di ciambelle stantie. Le altre volte abbiamo cenato sempre nei ristoranti della catena di paninoteche Subway.

Arrivati a Seattle ci volevamo concedere un lusso e ci hanno consigliato il ristorante Ocean air. Le tovaglie sono di lino pesante, ma l’atmosfera è informale. Come aperitivo prendiamo il Bloody Caesar: è come il Bloody Mary, ma con l’aggiunta di succo di vongole e di un enorme gamberone appeso al bicchiere.

Rose, la nostra cameriera, riesce a tentarci con le ostriche di Westcott Bay, descrivendole come burrose e con un vago retrogusto di rame. Gran parte del fascino delle ostriche è la cerimonia iniziale: sgusciare, staccare la carne, spruzzare il limone. Per un gastronomo è l’equivalente di quello che per uno studente accannato è aprire la bustina dell’erba, rollare e fumare lo spinello. È la sensazione che si prova nelle grandi occasioni.

Alla fine del pasto, Paul è deluso. Si aspettava qualcosa di speciale ma, arrivato al dunque, la consistenza l’ha steso: “Gommosa come il polipo e sabbiosa”. Le riproverà ancora? Improbabile. “Sono arrivato a una’età in cui se c’è qualcosa che non ho ancora assaggiato, probabilmente c’è un buon motivo”.

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em>Internazionale, numero 615, 3 novembre 2005

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