15 gennaio 2015 08:46

Al momento non possiamo dire con certezza che si arriverà a un compromesso sul nucleare iraniano. Immaginiamo però che tutto vada per il meglio e che l’intensa attività diplomatica iniziata nella giornata di mercoledì in vista della ripresa dei negoziati tra le grandi potenze e l’Iran porti davvero a un accordo prima della scadenza fissata per il prossimo 30 giugno.

Le sanzioni economiche nei confronti dell’Iran sarebbero cancellate, avvantaggiando l’ala riformatrice di Teheran e facilitando un’apertura interna. Per la popolazione iraniana sarebbe la migliore delle notizie, e più in generale un accordo cambierebbe radicalmente gli equilibri in Medio Oriente e la lotta contro i jihadisti e lo Stato islamico.

L’esercito iraniano potrebbe infatti partecipare ufficialmente alla coalizione contro i jihadisti sunniti, avversari dichiarati dell’Iran sciita e dei governi sciiti in carica a Baghdad e Damasco. Il Daesh, lo Stato islamico la cui progressione territoriale è già stata arrestata, si ritroverebbe a mal partito contro le truppe di terra iraniane e rischierebbe seriamente una disfatta. Questa prospettiva, però, non alletta affatto i paesi sunniti della coalizione (Arabia Saudita in testa) per i quali l’entrata in scena di Teheran sarebbe una catastrofe. L’Iran, infatti, prenderebbe chiaramente il sopravvento sugli avversari regionali: non soltanto una minoranza “eretica” dell’islam uscirebbe vincitrice dallo scontro, ma l’Iran sciita diventerebbe rapidamente la prima potenza della regione grazie al livello di istruzione dei suoi giovani, alla sua forza militare, alla sua ricchezza di petrolio e gas e soprattutto al dinamismo di una società protesa (sotto il velo) verso la modernità.

Dietro il negoziato sul nucleare iraniano si gioca insomma una grande partita, talmente complessa che un successo della trattativa non è di per sé sufficiente. Prima ancora di trovare un accordo bisogna infatti pensare alla fase successiva e offrire garanzie alle potenze sunnite. Questo processo passa inevitabilmente per la Siria, paese a maggioranza sunnita ma guidato da un regime sciita e alleato dell’Iran. Per trasformare il compromesso sul nucleare iraniano in un grande compromesso regionale è indispensabile trovarne uno sulla Siria. Ma quale?

Le linee generali sono abbastanza chiare. Prima di tutto bisognerà convincere Bashar al Assad e i suoi parenti e collaboratori più stretti a farsi da parte per permettere ai sunniti di assumere il comando, ma allo stesso tempo offrire garanzie alla minoranza sciita e all’Iran. La Russia ha già cominciato a farlo con il tacito assenso degli occidentali. Il massacro di Charlie Hebdo e il timore di nuovi attentati in Europa non sono totalmente estranei all’accelerazione del processo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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