03 febbraio 2015 08:44

“L’eurozona deve adottare un piano migliore per la crescita e l’occupazione”. Sono parole pronunciate lunedì, ma da chi? Da uno dei nuovi leader greci? Da un socialista francese? Da Matteo Renzi, grande critico delle politiche di rigore adottate dall’Europa?

Nient’affatto. La dichiarazione è del (conservatore e liberista) ministro delle finanze britannico George Osborne, ed è stata rilasciata dopo un incontro con Yanis Varoufakis, ministro delle finanze greco che di sicuro sarà stato ben felice di incassare il sostegno di un politico che non appartiene al suo schieramento.

Passiamo a un’altra dichiarazione. “Non possiamo continuare a fare pressione su paesi in piena depressione. A un certo punto bisogna avere una strategia di crescita per poter rimborsare i debiti”. Chi ha pronunciato queste frasi domenica scorsa, ricalcando quasi parola per parola le tesi della nuova sinistra greca?

Questa è facile, perché si tratta di parole già citate. È stato Barack Obama, che ha ripetuto per l’ennesima volta ciò che la sua amministrazione ribadisce da mesi e che il presidente ripeterà ancora ad Angela Merkel in occasione del loro incontro di lunedì alla Casa Bianca, in cui si parlerà dell’Ucraina ma anche dell’eurozona, dell’eccesso di austerità e del rischio di deflazione.

Nel giro di trentasei ore è emersa dunque una convergenza tra il Regno Unito, gli Stati Uniti e il nuovo governo greco. La prima conclusione da trarre è che ormai Angela Merkel è isolata. Con l’appoggio di altri governi conservatori che le elezioni nazionali avevano reso maggioritari nell’Unione, la cancelliera aveva imposto una politica economica europea interamente basata sul risanamento dei conti pubblici. Secondo Merkel era l’unico modo di rilanciare la crescita, ma questa politica ha evidentemente fallito (e non c’è da stupirsi) perché non è stata accompagnata da un rilancio degli investimenti per il futuro. Ora che la verità è emersa in tutta la sua chiarezza, in Europa il vento sta finalmente cambiando.

La maggioranza è ancora quella, ma da Londra a Parigi ha subìto un’evoluzione. La nuova Commissione europea e la Banca centrale si sono implicitamente allineate alla posizioni di François Hollande e Matteo Renzi, che non sono più i soli a chiedere politiche di rilancio.

Angela Merkel dovrà accettare alcuni cambiamenti, anche perché lo chiedono gli imprenditori, la sinistra e i sindacati tedeschi. All’interno dell’Unione si sta creando un consenso sulla necessità di scaglionare il rimborso del debito della Grecia (una cancellazione è fuori discussione e non la chiede più nemmeno il governo Tsipras) per ridare ossigeno all’economia ellenica.

L’Unione è a una svolta politica, resa ancor più significativa dal fatto che dall’altra parte dell’Atlantico Barack Obama prosegue la sua offensiva neokeynesiana chiedendo al congresso di aumentare la pressione fiscale sulle grandi aziende per favorire gli investimenti pubblici e la classe media.
(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it