18 aprile 2016 09:36

Sicuramente già lo sapete, ma vale la pena ricordarlo. Il 17 aprile, davanti alla folla radunata in piazza San Pietro, il papa ha raccontato la sua visita del giorno precedente in un campo profughi sull’isola greca di Lesbo.

“Ho visto tanto dolore”, ha dichiarato il pontefice, visibilmente emozionato, ricordando tutti i bambini che hanno visto i loro genitori morire in mare e soffermandosi sulla storia di un uomo che l’ha particolarmente colpito. “È musulmano e sua moglie era cristiana. Si amavano e si rispettavano ma lei è stata sgozzata dai terroristi perché non voleva rinnegare Cristo. La donna è una martire, e suo marito non riusciva a smettere di piangere…”.

È importante riflettere sul significato di queste frasi che Francesco non ha pronunciato a caso. Attraverso la storia di quest’uomo il papa ha voluto dire che musulmani e cristiani possono amarsi e rispettarsi, che centinaia di migliaia di rifugiati sono vittime del terrore e che quest’uomo che piangeva sua moglie era prima di tutto un uomo, un essere umano come gli altri.

Potremmo fermarci qui, ma ci sono altre frasi da sottolineare.

Un messaggio di umanità

“Siamo tutti migranti”, ha detto il papa, figlio di italiani immigrati in Argentina in cerca di una vita migliore, la stessa che tante persone cercano oggi in Europa. “È un viaggio segnato dalla tristezza”, aveva dichiarato alla stampa prima del suo arrivo a Lesbo. “Ci troviamo davanti a una delle più gravi catastrofi umanitarie dopo la seconda guerra mondiale. Vediamo persone che soffrono perché sono in fuga e non sanno dove andare. Andremo anche in un cimitero, il mare”.

Il papa copre di vergogna l’Europa e i suoi 500 milioni di abitanti che hanno chiuso la porta a queste persone

Sono parole degne di un papa che ha voluto essere accompagnato dai rappresentanti della chiesa ortodossa greca perché tutti i cristiani devono compiere questo gesto insieme, in nome di Cristo.

E poi c’è la parola “libertà”, scandita, tenuta alta dai profughi. C’è l’emozione che ha travolto tutti loro – in maggioranza musulmani - davanti a questo cristiano che ha stretto la mano a più di trecento persone. E infine ci sono le donne cristiane, sconvolte, che si sono inginocchiate davanti a Francesco supplicando: “Basta campi!”.

Dopo la visita il papa ha riportato con sé tre famiglie in Vaticano, 12 persone. È una goccia nel mare, ma è anche un messaggio di umanità, come tanti gesti del Cristo che questo papa ha resuscitato sabato, perché nel suo viaggio c’è la resurrezione di Cristo, la sopravvivenza della sua lotta.

Francesco ci dice di amarci gli uni con gli altri, ma non solo. Riportando con sé 12 profughi in uno stato le cui frontiere sono quelle di un quartiere di Roma, il papa copre di vergogna l’Europa e i suoi 500 milioni di abitanti che hanno chiuso la porta a queste persone invece di fondare la pace sulla generosità, la pietra con cui si costruiscono i ponti. Oggi abbiamo soltanto tre parole da dire: viva il papa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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