04 novembre 2015 13:35

Si parla sempre più spesso della presenza dell’arte negli spazi pubblici. Ma si fa una grande confusione. Bisogna dire che il nocciolo della questione è soprattutto politico: mettere il grande pubblico a contatto con la creazione artistica e, al tempo stesso, ricordare a tutti che in uno spazio che non è privato siamo a casa nostra.

Parlando della sua presenza negli spazi pubblici, la fotografia si trova al centro di una questione radicale, quasi estrema. Per realizzare installazioni fotografiche in luoghi pubblici è fondamentale differenziarle dalla pubblicità e da tutte le altre forme di inquinamento visivo, che di fatto sono un modo in cui i privati si appropriano di quegli stessi spazi. E in questo senso la modalità di presentazione delle opere è fondamentale.

Festival come Images di Vevey, in Svizzera, o Getxophoto a Getxo, in Spagna, forniscono esempi virtuosi. Ma accanto a loro c’è un proliferare di immagini attaccate su muri, recinzioni o pannelli, nei parchi, nelle stazioni ferroviarie e in altri spazi di grande passaggio che sono definite esposizioni in modo inappropriato, visto che ci troviamo più nel campo della comunicazione. In molte città queste false esposizioni sono strumenti promozionali usati dalle amministrazioni o vere campagne elettorali. Questo significa mischiare le carte in modo inaccettabile.

Questa rubrica è stata pubblicata il 30 ottobre 2015 a pagina 91 di Internazionale, con il titolo “La pubblicità non è arte pubblica”. Compra questo numero | Abbonati

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