08 novembre 2023 11:03

La prima volta che si è detto che il rock’n’roll era morto è stato quando morì Buddy Holly, nel 1959. In quel periodo sembravano anche essere molto meno brillanti le stelle di Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Little Richard ed Elvis Presley. Il rock’n’roll però non stava morendo, stava solo cambiando, smussando certi spigoli per trasformarsi nella musica dei teenager, e soprattutto delle teenager, degli anni sessanta.

Questa “poppizazione” del rock’n’roll era cominciata nel 1957 con l’ascesa di Paul Anka sulla cui scia si sono moltiplicati i teen idol progettati per piacere alle radio, ai juke box, alle ragazzine e alle loro famiglie. Alcuni erano delle one hit wonder, artisti da un successo e via (come il giovanissimo body builder di origine italiana Johnny Restivo che cantava The shape i’m in nel 1959), altri erano cantanti molto più interessanti che stavano trasformando il rock’n’roll dall’interno: per esempio Roy Orbison, Gene Pitney e Dion. Di questa ondata di innovatori fa sicuramente parte Del Shannon (1934-1990).
Nel gennaio del 1961 ebbe un successo internazionale con Runaway, una canzone che parlava di un ragazzo la cui fidanzata era scappata di casa senza lasciare tracce. Runaway aveva la struttura semplice di un classico pezzo rock’n’roll ma aveva qualcosa di sinistro, un’energia diversa dal solito singoletto da juke box: si apre con un riff di chitarra piuttosto discordante su cui si appoggia la voce di giovane tenore di Shannon che ha qualcosa di acerbo e di manierato allo stesso tempo.

Del Shannon, Runaway, 1961

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La canzone comincia chiedendosi cosa può essere andato storto con questo amore che invece sembrava così forte. Nel ritornello, con un effetto drammatico, la voce vola in falsetto mentre il cantante continua a chiedersi (“I wah-wah-wonder”) che fine può aver fatto la sua piccola fuggitiva. La canzone prosegue e avanza il dubbio che la povera ragazza non sia più in vita. E il tarlo un po’ paranoico che può essere stato proprio lui a farla sparire s’insinua nell’orecchio di chi ascolta: Runaway è un teen drama concentrato in 2 minuti e 17 secondi. A rendere le cose ancora più bizzarre, a metà pezzo, parte un assolo di organo, tutto giocato su note altissime: quasi un suono spaziale. Si tratta di un clavioline, uno dei primi sintetizzatori introdotti alla fine degli anni quaranta, modificato dal suo amico e coautore Max Crook: lui lo chiamava “musitron”.

Nell’epoca dei cloni di Paul Anka in giacca e cravatta, Runaway, con le sue parole disperate cantate da un bel ragazzone con la mascella quadrata (che di giorno lavorava come tappezziere e affogava nell’alcol le sue insicurezze) fa sensazione e contribuisce a cambiare l’estetica del rock’n’roll per teenager. Amarezza, ansia giovanile e senso di rivalsa si ritrovano in tutti gli altri singoli di Del Shannon degli anni sessanta: da Hats off to Larry a So long baby in cui canta il verso: “Ho una notizia per te: ti ho tradito anch’io!”.

Arriva la british invasion
Alla fine degli anni sessanta Del Shannon sembra già un relitto del passato: ci sono i Beatles, la british invasion, il rock psichedelico, i Doors, i Rolling Stones. La teen angst da juke box di un idolo del pop alcolizzato aveva solo qualcosa di malinconico e démodé. La british invasion in particolare spazza via gli artisti statunitensi della generazione di Del Shannon: lui però, a differenza di altri teen idol suoi colleghi, è un cantautore e un musicista e quindi anziché arrendersi si mette in ascolto. In un’intervista televisiva del 1989 (un anno prima della sua morte) Shannon racconta del suo incontro con i Beatles nel retropalco di un concerto: “John Lennon era un gentiluomo ma sembrava un marziano, arrivava da un altro mondo. Brian Epstein (il loro manager) aveva un piano di guerra: la loro era davvero un’invasione”.

Nel 1968 Del Shannon decide di non essere più Del Shannon (lo pseudonimo se lo era scelto mescolando il cognome di un lottatore al nome della sua macchina preferita) e incide un bizzarro, bellissimo album intitolato The further adventures of Charles Westover, le ulteriori avventure di Charles Westover, il suo vero nome. Il suono di Shannon cambia radicalmente: Further adventures è a tutti gli effetti un album di rock psichedelico (con riverberi, lunghe code strumentali, distorsioni, dissonanze, tanti archi e qualche chitarra che sembra un sitar) ma, a differenza di tanti altri artisti che in quel periodo si travestono da beatnik, Shannon cerca chiaramente una sua strada. Non ci sono facili cover in questo album, non c’è una finta Eleanor Rigby (a fine anni sessanta c’era un mucchio di finte Eleanor Rigby), ma c’è la ricerca autentica di un nuovo suono, di una nuova forma di espressione. Del Shannon aveva già lavorato, dieci anni prima, a una prima mutazione del rock’n’roll e adesso si avventura, con un certo coraggio, in una nuova fase. Nel 1968 Shannon ha 34 anni: un’età da posato padre di famiglia e non da fricchettone in completo di velluto che si fa crescere basette e capelli.

Further adventures parte con un pezzo intitolato Thinkin’ it over che ha un andamento tra il beatlesiano e i Beach Boys, però la voce è quella tenorile e incisiva del vecchio Del. Il suo non è un travestimento, è un’esplorazione. In Be my friend e River cool sono interessanti le interpolazioni di sonorità country, blues e gospel: la psichedelia qui non è l’applicazione di un rivestimento colorato a musica già sentita, è uno strumento per dilatare i confini di una musica compiutamente e consapevolmente americana, è un nuovo colore su una tavolozza già molto ricca in partenza. Soprattutto rimane quel timbro di voce così particolare, tra il fragile e il minaccioso.

I think i love you è il pezzo più dilatato e lisergico dell’album: nel suono ha sicuramente qualcosa dei Vanilla Fudge, ma è la voce di Del Shannon a renderla unica: del vecchio teen idol rimane quell’urgenza un po’ maniacale, quella patetica ricerca di attenzione e di protezione. Gemini esce come singolo e non ha alcun successo. È una canzone zodiacale, come andava di moda in quegli anni di new age e fricchettoneria, ma questa ragazza dei gemelli dagli occhi di ghiaccio è una figura sfuggente e inafferrabile: ancora una volta Del Shannon insegue una chimera e il fallimento della sua storia d’amore è scritto nelle stelle. La canzone è meravigliosamente pop e orecchiabile eppure è quel qualcosa di rotto, d’incrinato che la rende davvero irresistibile.

The further adventures of Charles Westover non piace a nessuno quando esce: i vecchi fan lo trovano bizzarro e inascoltabile, gli ascoltatori più giovani considerano Del Shannon un avanzo inutile di dieci anni prima. L’insuccesso porta la carriera di Shannon a una battuta d’arresto: rimarrà inattivo per buona parte degli anni settanta.

A fine anni ottanta, dopo la morte di Roy Orbison, gli viene proposto di unirsi ai Travelling Wilburys, il supergruppo composto da Bob Dylan, George Harrison, Jeff Lynne e Tom Petty. Purtroppo è tardi: Del Shannon è schiacciato tra il suo alcolismo e la depressione, e l’8 febbraio del 1990 si uccide sparandosi nella sua casa di Santa Clarita, in California.
Del Shannon
The further adventures of Charles Westover
Liberty, 1968

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