09 ottobre 2015 10:54

Tra veleni e polemiche la travagliata carriera di Ignazio Marino si è conclusa in modo penoso. Il sindaco ha resistito fino all’ultimo abbandonandosi a esercizi retorici imbarazzanti e oscure profezie come quella di “temere il ritorno di corruzione e mafia”. Fino all’ultimo ha dimostrato la sua autoreferenzialità accusando i suoi avversari politici: “Chi mi doveva sostenere non l’ha fatto”. Alla fine ha chiarito di “avere venti giorni per ripensarci”.

Ignazio Marino si è rivelato un uomo politico mediocre e ambizioso. È senz’altro curioso che il sindaco di Roma cada proprio sulla questione morale che sembrava il suo biglietto da visita. Ed è imbarazzante che dopo tutte le vicende recenti possa presentarsi come un perseguitato: “Pur di cacciarmi mi avrebbero messo la cocaina in tasca”.

Perché da una settimana non passava giorno senza che qualcuno smentisse pranzi o cene messe in conto al Campidoglio e pagate con la carta di credito di servizio. Marino ha cercato di risolvere la questione in modo ulteriormente imbarazzante: “Restituisco ventimila euro, ma resto al mio posto. E rinuncio alla carta di credito”. Ma nel frattempo la procura aveva già avviato un’indagine dopo gli esposti presentati da Movimento 5 stelle (M5s) e Lista Marchini. I magistrati vogliono anche verificare perché il tetto della carta di credito sia stato portato da diecimila a cinquantamila euro.

Marino tuttora non ammette colpe, ma parla solo di imprecisioni: “Gli scontrini? Non escludo che possa esserci qualche imprecisione da parte di chi compila i giustificativi”.

Per fare il sindaco in una città degradata e corrotta come Roma ci vuole un bulldozer, un decisionista dal piglio energico

Le vicende del sindaco – dai falsi permessi per la zona pedonale allo scandalo di mafia capitale e infine ai suoi viaggi negli Stati Uniti – hanno fatto crescere i malumori nel Partito democratico (Pd), il cui presidente, Matteo Orfini, è stato l’ultimo a sostenerlo.

Eppure il Pd ha cercato di evitare le elezioni anticipate nella capitale, dove il partito ha tutt’altro che brillato e rischia di perdere la sfida elettorale contro l’M5s. Ma adesso il voto sarà inevitabile e per il Pd tutto dipenderà dalla scelta del candidato sindaco. In una città dove l’M5s è primo partito, una persona apprezzabile sarebbe Roberto Giachetti, che però non ha intenzione di buttarsi nella fossa dei leoni. Anche il prefetto Franco Gabrielli non sembra interessato a correre. E con Orfini il Pd rischierebbe una sconfitta sonora.

In questa situazione intricata Matteo Renzi, che non ha mai nascosto la sua antipatia per Marino, potrebbe scegliere una persona della società civile. È ovvio che per fare il sindaco in una città degradata e corrotta come Roma ci vuole un bulldozer, un decisionista dal piglio energico che non teme conflitti. E ci vuole una squadra forte e preparata.

Il prezzo politico che il Pd paga per la vicenda Marino è comunque alto. Non solo perché a due mesi dal giubileo Roma rimane senza sindaco. Ma anche perché il partito rischia una sconfitta proprio nella capitale, dove il Pd è tuttora in attesa di una rifondazione degna di tale definizione. Stavolta tutto dipenderà dalla personalità del candidato che sceglie.

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