21 ottobre 2015 13:18

“Quella di Renzi è una manovra di destra”, si agita la minoranza del Partito democratico. “È una battaglia ideologica solo per logorarmi”, ribatte il premier. E aggiunge: “Abbassare le tasse non è né di destra né di sinistra, ma semplicemente giusto”. Nella controversia sulla presunta “manovra di destra” di Matteo Renzi vengono a galla pregiudizi e visioni ideologiche assai arcaiche.

Perché concetti come destra e sinistra oggi non hanno certamente lo stesso significato come ai tempi di Berlinguer. E perché la stratificazione sociale della popolazione è profondamente cambiata. Berlusconi ha insistito sull’abolizione della tassa sulla casa. Ora è stata abolita da Renzi. Basta questo per definirla riforma di destra?

Per anni l’aumento dell’età pensionabile è stato considerato una classica operazione di destra. Ma è stata la sinistra a votare le riforme di Dini e di Fornero. Le liberalizzazioni per decenni sono state avversate dalla sinistra come riforme che servivano al capitale e non come un modo per aumentare la concorrenza. La famosa “lenzuolata” di Bersani è stata la prova che liberalizzare può essere anche di sinistra.

Certa sinistra sindacale non vuole rendersi conto che il mondo del lavoro è cambiato profondamente

L’articolo 18, che Berlusconi ha tentato invano di riformare, era un totem della sinistra che non doveva cadere. Ma è stato il governo del presidente del consiglio Pd a varare il jobs act – contro la strenua opposizione della minoranza del suo partito, ancorata al vecchio operaismo. Perché certa sinistra sindacale non vuole rendersi conto che il mondo del lavoro è cambiato profondamente. Ritiene tuttora sacrosanto e intoccabile uno statuto dei lavoratori varato quando ancora non esistevano né cellulari né computer.

Anche le privatizzazioni a giudizio della sinistra erano operazioni da combattere con tutti i mezzi per evitare licenziamenti. Ma, dalla Telecom alle Poste, alla fine sono state attuate da governi di centrosinistra.

Una mutazione genetica già in atto da tempo

Nella sinistra militante e in parecchi sindacati sono sopravvissuti molti di questi retaggi arcaici. Nel vocabolario di certa sinistra (particolarmente sindacale) tuttora la parola merito non esiste. Basta ricordare le proteste contro l’introduzione di premi a insegnanti meritevoli.

Eppure ogni famiglia italiana sa per esperienza diretta che esistono insegnanti bravi e altri che non lo sono affatto. Agli occhi di certa sinistra sono statali e devono essere trattati tutti allo stesso modo. Oltre all’ugualitarismo esasperato, anche lo statalismo per troppi decenni è stato tra i vessilli della sinistra, secondo cui l’aumento perenne del deficit statale era la normalità. E ancora oggi in certa sinistra è diffusa la strana convinzione che spendere denaro pubblico favorisca la crescita.

Di destra sarebbe anche l’aumento del tetto per i pagamenti in contanti da mille a tremila euro. Forse conviene ricordare che tale somma fu alzata a cinquemila euro da un altro presidente del consiglio di centrosinistra: Romano Prodi.

Alfredo D’Attore, uno dei modesti personaggi della minoranza Pd, critica la “mutazione genetica” del partito che intende lasciare. Ma D’Attore non si ricorda che pochi anni fa il Pd era al governo assieme al partito di Silvio Berlusconi ? Quella non era mutazione genetica?

Resistenze corporative

Come ha confermato la battaglia sulla riforma costituzionale, in pochi parlamenti europei la componente ideologica nei dibattiti è così forte come in Italia. Non solo a sinistra, ma anche a destra nonché nella Lega nord e nel Movimento cinque stelle. E lo riconfermano le polemiche sulla legge di stabilità, a proposito della quale si versano fiumi d’inchiostro per l’abolizione dell’Imu e il limite del contante, ma non sul problema centrale di quella legge: la mancanza di tagli adeguati.

Per un anno Carlo Cottarelli nella sua spending review ha proposto tagli di molti miliardi al bilancio dello stato. Due settimane fa anche il suo successore Roberto Perotti ha lasciato palazzo Chigi , parlando di spending review inesistente.

Perché ai tagli in Italia da sempre si oppongono resistenze corporative. E tagliare la giungla delle società pubbliche costa voti. In Italia nonostante la forte progressione postideologica si preferisce tuttora appiccicare a leggi e persone le etichette di sinistra e destra. Ma questa legge di stabilità non rientra in queste categorie troppo comode e spesso superate. Sarebbe molto più preciso definirla elettorale.

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