17 dicembre 2014 15:16

A cura di Emiliano Morreale e Mariapaola Pierini, Racconti di cinema
Einaudi, 390 pagine, 22 euro

Non è una raccolta adatta solo agli amanti del cinema (preferibilmente di ieri, quando era una forma dominante e alfabetizzante ed emancipante di “cultura di massa”), si tratta di racconti spesso originali e bellissimi, eccitanti, sollecitanti. Affrontano il nostro rapporto con gli attori (le immagini in cui identificarsi, da Marilyn a Brando a Sordi, e la loro fragilità), con le sale, con le tecniche, con la storia, e anche il cinema dal suo interno.

Parlano di chi lo ha fatto e delle sue trasformazioni e avanzano idee sul suo/nostro futuro, in chiave fantascientifica, robotizzato e spaventante. Le firme sono 32 (per 33 racconti): vanno da Apollinaire a Mans­field, da Soldati a Gadda, da Greene a Capote, da Cortazar a Bolaño, da Fitzgerald a Nabokov, da Flaiano a Starnone, da DeLillo a Michele Mari, da Bradbury a Ballard. Manca, per ottuse ragioni di diritti, il più bel racconto sul cinema che io conosca, Nei sogni cominciano le responsabilità di Delmore Schwartz (cercatelo!).

Le introduzioni ai singoli gruppi di racconti sono agili, competenti, acute e allargano il discorso, fanno finalmente uscire il cinema dal saccente e sterile ghetto della critica e dell’università, ridanno vitalità e giustificazione all’amore che al cinema abbiamo tutti portato: una “dimensione dell’esperienza” che è andata morendo e sulla quale è utile ragionare.

Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2014 a pagina 82 di Internazionale, con il titolo “Quando il cinema era cinema”. Compra questo numero | Abbonati

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