02 marzo 2017 12:41

Per la prima volta in sei anni, nel mondo c’è una carestia. Secondo la definizione delle Nazioni Unite, c’è una carestia quando più del 30 per cento della popolazione soffre di malnutrizione acuta e ci sono almeno due morti per fame ogni diecimila abitanti. Anche in altri tre paesi, da un momento all’altro, potrebbe essere dichiarato lo stato di carestia.

Non sorprende che tutti e quattro i paesi colpiti siano zone di guerra. Quello che invece può sorprendere è che uno di questi stati non è in Africa: lo Yemen è il più povero dei paesi arabi, e i suoi 22 milioni di abitanti sono costretti a importare il 90 per cento del loro fabbisogno alimentare. Al momento parte del paese è controllata dai ribelli e ogni giorno ci sono attacchi aerei, quindi il cibo fatica ad arrivare. Gli altri tre paesi sono africani: Sud Sudan, Somalia e Nigeria (il nordest). La carestia è stata proclamata in Sud Sudan dove, dopo una guerra civile durata tre anni, il quaranta per cento della popolazione (quasi cinque milioni di persone) comincia a morire di fame.

Come sempre, ci sono altri fattori in gioco. L’Africa orientale è stata colpita da mesi di siccità. Le regioni più colpite del Sud Sudan sono quelle che simpatizzano con i militari ribelli ed è quindi possibile che siano sottoposte a un embargo alimentare non dichiarato da parte del governo. Ma in ogni caso le carestie riguardano quasi sempre l’Africa. La povertà è diffusa in tutto il mondo ma, a parte quella in Corea del Nord nel 1996, tutte le carestie degli ultimi quarant’anni hanno colpito il continente africano. Di solito sono legate ai conflitti armati e gran parte delle guerre del mondo sono in Africa, ma questo non fa che riportarci al ragionamento precedente.

Perché in Africa, un continente abitato da solo un settimo della popolazione mondiale, ci sono così tante guerre? Solo nel mondo arabo, una regione molto più piccola, c’è una situazione paragonabile, ma le sue guerre, per quanto terribili, non causano quasi mai delle carestie. L’Africa fa eccezione e c’è da chiedersi quale altro fattore, oltre la politica, entri in gioco.

Tasso di fertilità
La caratteristica principale che distingue l’Africa dal resto del mondo è la sua popolazione in rapida crescita: nel continente il tasso medio di fertilità è di 4,6 figli per donna. Era il tasso medio di fertilità dell’intera umanità nel 1960, in pieno boom della popolazione mondiale. Ma da allora il tasso globale si è dimezzato, mentre quello africano è rimasto più o meno uguale. Se rimanesse a questi livelli fino alla fine del secolo, gli africani passerebbero dall’attuale miliardo a sette miliardi, e nel 2100 metà della popolazione mondiale sarebbe africana.

In realtà si prevede che il tasso di fertilità diminuisca gradualmente nella maggior parte dei paesi, anche se alcuni, come Nigeria, Mali e Uganda, continueranno ad avere tassi alti. Ma il tasso di fertilità sta calando molto lentamente: secondo le previsioni entro il 2045 sarà di tre figli per donna, e finché resterà sopra i 2,2 la popolazione africana continuerà a crescere.

Secondo le previsioni delle Nazioni Unite entro la fine del secolo gli abitanti africani saranno quasi quadruplicati, mentre nella maggior parte degli altri paesi la popolazione resterà stabile o calerà. Questo significa che nel 2100 ci saranno 3,6 miliardi di africani, un terzo dell’umanità. Guerre e carestie potrebbero essere una costante della loro vita.

In Africa ci sono abbastanza terreni fertili per nutrire più del doppio della popolazione attuale

Il punto non è che l’Africa è cresciuta troppo rispetto alla sua disponibilità di cibo. Nel continente ci sono abbastanza terreni fertili per nutrire più del doppio della popolazione attuale. Il riscaldamento globale danneggerà la produttività dell’agricoltura africana a lungo termine, ma non siamo ancora arrivati a tanto.

Negli ultimi cinquant’anni, però, la popolazione dell’Africa è cresciuta alla stessa velocità, o più rapidamente, della sua economia. La maggior parte degli africani è ancora povera e i poveri, soprattutto quelli nelle aree rurali, tendono ad avere tassi di natalità più alti. E siccome non possono permettersi d’investire molto denaro nelle coltivazioni e negli allevamenti, nell’istruzione dei figli o in qualunque altra cosa, i problemi e i conflitti peggiorano e s’inaspriscono.

Oggi quasi nessuno se lo ricorda, ma quando la maggior parte degli stati africani ha ottenuto l’indipendenza negli anni sessanta, i loro cittadini se la passavano decisamente meglio di quelli di buona parte degli stati asiatici. I paesi africani avevano infrastrutture e un’alimentazione migliori.

Ma all’epoca il tasso di crescita annuale della popolazione asiatica era il 2 per cento e oggi è sceso all’uno, mentre quello dell’Africa era del 2,2 per cento allora e del 2,5 per cento oggi. Per questo motivo i redditi pro capite in Asia sono oggi decisamente più alti che in Africa.

In Africa le carestie si diffondono molto prima che si verifichi un’effettiva mancanza di cibo nel continente. All’origine delle sue guerre c’è quasi sempre la spartizione delle risorse (come in Sud Sudan) in economie dove semplicemente non c’è abbastanza ricchezza per tutti. Se l’Africa non troverà il modo di fermare la crescita della sua popolazione, le cose potranno solo peggiorare.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it