17 novembre 2015 10:55

Ogni volta che qualcuno dice che “al mondo esistono due tipi di persone” – gli estroversi e gli introversi, i realisti e gli idealisti, gli ottimisti e i pessimisti – state sicuri che sta semplificando. Tuttavia, una distinzione utile esiste: nei nostri rapporti con gli altri quasi sicuramente siamo iperattivi o ipoattivi. Davanti a un problema, possiamo decidere di prendere in mano la situazione, attaccare la lista delle cose da fare e offrire consigli che riteniamo utili, oppure ci facciamo da parte, chiediamo aiuto, speriamo che sia qualcun altro ad assumersi la responsabilità e ci chiamiamo fuori.

Detta così, sembra che gli iperattivi siano persone concrete e vincenti (anche se leggermente fastidiose), mentre gli ipoattivi siano solo parassiti. Ma la verità è molto più complicata, e anche più interessante.

Il rapporto si fossilizza e ognuno accusa l’altro di essere troppo pigro o troppo brontolone

Il problema, secondo Murray Bowen, lo psicologo che ha proposto questa distinzione, è che in un rapporto questi due tipi di persone finiscono per entrare in un circolo vizioso in cui si rinforzano a vicenda.

Il primo si assume più responsabilità di quante dovrebbe, per esempio nei lavori di casa, nei rapporti con i figli, nel prendere decisioni economiche, perché altrimenti nessuno lo farebbe. Ma questo non fa che rinforzare la dipendenza dell’altro, che veramente non fa più nulla e costringe l’iperattivo a svolgere sempre più compiti. Il rapporto si fossilizza, e ognuno accusa l’altro di essere troppo pigro o troppo brontolone.

Una volta capito il meccanismo, se ne possono vedere esempi ovunque: non solo tra le coppie sposate, ma anche tra gli adolescenti, che diventano più passivi quando i loro genitori insistono perché prendano iniziative, o tra i capi che più si immischiano nel lavoro dei loro sottoposti più sono costretti a farlo perché questi non si assumono nessuna responsabilità.

Chi assume il controllo lo fa per controllare la propria ansia

Se state leggendo questo articolo, e se vi interessa questo genere di problemi, è probabile che siate tipi iperattivi come me (diciamo la verità, dare consigli agli altri su come dovrebbero comportarsi in fondo è un modo patologico per voler avere tutto sotto controllo). La questione più spinosa è che l’iperattivismo non è quasi mai considerato un problema. Sia gli iperattivi sia gli ipoattivi tendono a pensare che l’iperattivo sia una persona pragmatica e concreta, mentre l’ipoattivo è un “bambino difficile”, il partner debole in una coppia, o un dipendente poco motivato.

Ma in realtà, chi assume il controllo lo fa per placare la propria ansia, e chi accetta di essere controllato lo fa per lo stesso motivo. “Gli iperattivi”, dice Brené Brown, “preferiscono fare che soffrire”.

Rompere questo schema non è facile, perché gli iperattivi dovrebbero tirarsi indietro e fare di meno, il che significa permettere che qualcosa possa andare storto e sopportare l’ansia che ne deriva (Harriet Lerner, che ha reso famosa questa dicotomia nel suo libro La danza della rabbia, lo chiama “restare in attesa”, non assumersi le responsabilità dell’altro né cedere all’emotività).

E all’inizio non aspettatevi che il partner passivo sia contento, perché anche essere spinti ad assumersi maggiori responsabilità provoca ansia. Ma è l’unico modo per uscire dal circolo vizioso. Per citare la psicologa Carin Rubenstein, gli iperattivi hanno bisogno di un nuovo motto: “Fate meno di quello che potete!”.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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