24 novembre 2015 12:47

Adoro le liste. Ne ho sempre tessuto instancabilmente le lodi. Le liste ci aiutano ad avere la sensazione di tenere tutto sotto controllo, perché non c’è più bisogno che il nostro cervello ricordi tutto quello che dobbiamo fare. Servono anche a vedere le cose in modo più oggettivo e a capire quando ci siamo presi troppo lavoro.

“Quello che deve fare”, mi sono spesso sentito dire a qualcuno che mi sembrava stressato, con tutto lo zelo di un adepto di Scientology che ha bevuto troppo caffè, “è scrivere una lista!”. Perciò, naturalmente, ho reagito con allarme al consiglio dell’esperto di gestione del tempo Mark Forster che, nel suo nuovo libro Secrets of productive people, sostiene che le liste delle cose da fare sono sbagliate e dovremmo rinunciarci.

Le liste, dice Forster, fanno parte di un mondo immaginario nel quale abbiamo il tempo di fare tutto

La teoria di Forster – che si applica tanto alle frasi scarabocchiate sul retro di una busta quanto ai sistemi di produttività complessi e agli “obiettivi che vorremmo raggiungere prima di morire” – è che le liste sono semplici voli di fantasia. Forse ci danno l’impressione di avere tutto sotto controllo, ma è una sensazione fasulla. È troppo facile allungare una lista: se ci viene in mente un’idea, o ci arriva una richiesta nell’email, subito ce l’aggiungiamo, senza essere costretti a chiederci se è veramente importante o se ci interessa sul serio.

Questi elenchi infiniti “fanno parte di un mondo immaginario nel quale per magia abbiamo il tempo di fare tutte quelle cose”, scrive Forster. O, peggio ancora, sono superati nel momento stesso in cui li compiliamo – registrano “quello che avremmo potuto fare in un certo momento che appartiene ormai al passato”, senza tener conto di quello che è possibile, o importante, fare adesso.

L’ansia del controllo

Niente di tutto questo, ovviamente, disturberà quella larga fetta della popolazione alla quale non viene mai in mente di stilare una lista e che, semplicemente, fa le cose. Per noi drogati del controllo, Forster propone un sistema alternativo. Scrivere su un pezzo di carta solo le cinque cose più importanti che ci vengono in mente. E poi farle in quell’ordine, cancellandole mano a mano (se ci fermiamo prima di averne finita una, dovremmo metterla di nuovo in fondo alla lista). Quando ne sono rimaste solo due, possiamo aggiungerne altre tre per tornare a cinque. E poi ricominciare da capo.

Lo scopo di questo metodo austero è costringerci a chiederci continuamente quello che è veramente indispensabile fare, perché abbiamo solo cinque righe. Nelle liste normali, le righe sono illimitate, e la tentazione di fare le cose meno essenziali solo per poterle cancellare è forte. Ma con il metodo di Forster, non corriamo il rischio di dimenticare qualcosa di fondamentale perché non lo abbiamo scritto? E la sua risposta è: probabilmente non era poi così fondamentale.

A essere sinceri, ho abbandonato questo sistema dopo pochi giorni, perché ero troppo preoccupato di dimenticare qualcosa di vitale importanza. Ma ho imparato la lezione. Il numero di cose che potremmo fare è infinito, ma il nostro tempo è finito. Perciò qualsiasi metodo per illuderci che un giorno riusciremo a fare tutto non è solo inutile, è pericoloso, perché ci induce a perdere tempo. Continuo a fare liste, ma guardo questa mia abitudine con sana diffidenza. La vita è troppo breve per fare altrimenti.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Oliver Burkeman è un giornalista del Guardian. Scrive la rubrica settimanale “This column will change your life”. In Italia ha appena pubblicato La legge del contrario: stare bene con se stessi senza preoccuparsi della felicità.

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