31 marzo 2015 16:52

1. Piero Sidoti, Vita marmotta
Suoni d’ovatta e tepore da bagno caldo per una canzone sull’amore come genere di conforto, quello più raro nella canzonettistica pop, che per qualche motivo preferisce puntare sulle passioni, sul dolore, sul piacere o sul piacere del dolore; qui è il piacere del piacere, è vita marmotta davvero, e non è poco per uno che fa canzoni intelligenti senza farla pesare, tutto con una leggerezza di spessore diffusa e felice nel nuovo album La la la (vedi quel manifesto della buona educazione che è Leggermente). In odore di beatificazione, la marmotta.

2. Le Capre a Sonagli, Anatra
La chitarra starnazza, e dietro c’è un fabbro che picchia e la psichedelia della bergamasca impazza, tra bestie da soma e serpenti negli stivali. Spettri di Screamin’ Jay Hawkins, Bobby Solo, Alejandro Jodorowsky e Dinamite Bla rinchiusi in uno sgabuzzo di chiodi e di ruggine in cui tutte le chitarre sono imparentate con affettatrici e le porte ragliano e gli asini cigolano. È l’album Il Fauno, suite di ruvidi lampi. Il bello delle Capre a Sonagli è che impalcano un mondo tutto loro, immaginifico, che confina con i soliti Capossela, Waits e company.

3. God Damn, Horus
Contro il logorio della vita troppo marmotta ecco una band che ha un nome da anatema e inneggia alle divinità egizie con testa di falco. Questi due ragazzi delle Midlands inglesi hanno il giusto piglio malato tra Jack White, Jesus Lizards e tutta la spuzza di corruzione emanabile nel regno grunge punk e death, ma a orecchie allenate si rivelano rispettosi del decoro melodico. Insomma, se uno deve proprio scegliersi una band dura di riferimento, questi non sono affatto male: l’album Vultures (in uscita a maggio) è pieno di rabbia e inventiva.

Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2015 a pagina 90 di Internazionale, con il titolo “Animal spuzza ”. Compra questo numero | Abbonati

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