31 maggio 2016 20:47

1. Anderson .Paak, Am I wrong (feat. ScHoolboy Q)
Quanto profumo di California, pur nella varietà di modi, beat e citazioni, nell’album Malibu dell’artista della vicina, e meno glamorous, Oxnard. Tutto da un trentenne transitato da un periodo da homeless allo status di ospite d’onore di Dr Dre. Nel suo sussurro si sente una relazione complicata con la vita; un groove anni settanta gonfio di tastieroni avvolgenti forma la pancia di un suono che poi si estende verso i club dell’hip hop e le chiese del gospel. Dopo un album così può sedersi allo stesso tavolo di Kendrick Lamar.

2. Luce, La promessa
Anche in questo pezzo c’è un piano elettrico a fare gli onori di casa, a dare il giusto spessore drammatico a uno dei temi più inquietanti: lo stare sereni. Non c’entra Enrico Letta, ma solo una quotidianità da dividere, come un tetto e un piatto, in coppia. La voce è della barese Lucia Montrone, classe 1988, che si è data un nome d’arte luminoso. Però come cantautrice segue complicate semplicità scandinave, senza troppi ammiccamenti mediterranei. Segni è il titolo del suo esordio, e la grande speranza è nel singolo più solare: L’amore chiede l’amore dà.

3. James Senese, Bon voyage
Partire ma solo per non morire: buon viaggio ai migranti. Blues instabile (per pianola elettrica) da un maestro che spazia sempre negli universi sonori da Napoli Centrale a New York, Kingston o Dakar. Dopo un’infanzia tra tammurriate nere e una vita a miscelare sonorità terrone e africane per la band sua o per Pino Daniele, Gaetano detto James è a buon diritto un gran mogol del blues partenopeo. Nell’ultimo album ’O sanghe esercita la sua autorevolezza con classe e amici fidati (tra i quali poteva imbarcare qualche giovane clandestino in più).

Questa rubrica è stata pubblicata il 27 maggio 2016 a pagina 88 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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