04 febbraio 2016 18:29

Il nuovo film di Quentin Tarantino, The hateful eight, è di nuovo un western e, come ci viene ripetuto più volte è il suo ottavo film (i due capitoli di Kill Bill valgono per uno). Non sono tantissimi se pensiamo che Le iene è del 1992. Ma neanche pochi. E comunque ne ha fatti abbastanza. Eppure intorno ai suoi film c’è sempre un’aspettativa che ha qualcosa di febbrile, quasi di malato, il suo status di regista mitico sopravvive e ognuno tende ad avere con i suoi film un rapporto privato. Anche se meno che in passato, se qualcuno scrive che il nuovo film di Tarantino è al di sotto delle aspettative rischia di rimanere seppellito di insulti.

The hateful eight

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E quindi? Tarantino sì, Tarantino no. Io dico Tarantino sì. Perché mai dovrebbe essere Tarantino no? Perché i suoi film sono violenti? Dipende cosa si intende per violenza. Perché sono lunghi? Tutto è relativo. Tre ore e sette minuti sono tante, ma ci sono anche film di novanta minuti che sembrano infiniti. Perché Pulp fiction era grandioso? Ancora? Tarantino sì quindi. Grandi attori, grande fotografia, grandi dialoghi, grande generosità dell’autore, grande amore e rispetto per il cinema, di vari generi. Cinema insomma, di quello da vedere sul grande schermo, per di più. Per saperne di più c’è una critica vera, di Matteo Bordone, appena pubblicata.

1981: indagine a New York

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Tra i grandi misteri del cosmo ci sono senz’altro alcune traduzioni di titoli dei film. A parte il citatissimo Eternal sunshine of the spotless mind che diventa Se mi lasci ti cancello, di esempi non ne mancano. Come il clamoroso Domicile conjugal di François Truffaut che diventa Non drammatizziamo… è solo questione di corna (ma i film di Truffaut hanno ispirato più di una volta traduzioni fantasiose). In alcuni casi s’intuisce una logica, in altri s’intuisce la disperazione. In che categoria mettereste 1981: indagine a New York, traduzione di A most violent year? Il 1981, secondo le statistiche, è stato uno degli anni più violenti a New York. E quindi si capisce che qualcuno abbia voluto sottolineare la connotazione temporale del film che si svolge, appunto, nel 1981. Ma l’indagine?

Il terzo film di J.C. Chandor non è un giallo e tutto sommato neanche un thriller, anche se salta fuori qualche pistola. Racconta la vicenda di Abel Morales, un imprenditore che commercia in nafta e che vuole a tutti i costi difendere i suoi investimenti, da concorrenti senza scrupoli ma anche da ingombranti istituzioni che sembrano volergli mettere i bastoni tra le ruote. È un film molto bello con un cast molto azzeccato in cui spiccano Oscar Isaac, Jessica Chastain e Albert Brooks. La scelta del titolo sembra quasi pensata per confonderlo e tenerlo nascosto piuttosto che per promuoverlo come avrebbe meritato. Il film è del 2014 e arriva in Italia solo ora. Possiamo aggiungere che il primo film di Chandor, Margin call, un complicato thriller finanziario, è stato distribuito con il titolo originale. Al secondo, All is lost, in cui Robert Redford è un navigatore solitario alla deriva nell’oceano, è stato aggiunto un sottotitolo, Tutto è perduto. La progressione è evidente.

Remember

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In Remember di Atom Egoyan, Christopher Plummer interpreta Zev, un uomo di novant’anni sopravvissuto all’inferno di Auschwitz dove ha visto morire tutta la sua famiglia. Zev riesce a individuare il suo aguzzino che vive beatamente negli Stati Uniti e decide di mettere in atto la sua vendetta, nonostante una memoria che non lo assiste completamente. Purtroppo PPZ. Pride, prejudice and zombies non fa neanche ridere. Il cast british va bene finché si rimane in ambito Jane Austen, ma quando Lily James comincia a far roteare la spada tutto si sgonfia. Invece La quinta onda è l’ennesimo film tratto da un romanzo per adolescenti (ma quanti ne scrivono?), che questa volta, guidati da Chloë Grace Moretz, devono salvare il mondo dall’invasione aliena.

In uscita anche Seconda primavera di Francesco Calogero e Il viaggio di Norm di Trevor Wall.

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