02 dicembre 2015 15:19

È strano come brevi sequenze di film possano restarci impresse nella memoria. Da quando ho visto Cinque pezzi facili, circa trent’anni fa, mi porto dietro la scena del pranzo in cui Karen Black, che interpreta la fidanzata di Jack Nicholson, difende il suo amore per la tv di fronte alla famiglia snob e aristocratica di lui. “Ci sono cose belle, comunque”, dice pacatamente, dopo essersi sorbita una paternale. “Alla tv. Ci sono cose belle, a volte”. Credo che oggi la pensiamo un po’ tutti come lei: non c’è niente di male ad amare la tivù, solo un idiota reazionario non sarebbe d’accordo.

Eppure eccoci qui, nel 2015, e c’è chi ancora usa la televisione come un’occasione per affermare la propria superiorità, e maschera il suo snobismo criticando solo certi programmi – o tipo di programmi – invece del mezzo in sé. Ho già scritto delle critiche che mi piovono addosso ogni volta che twitto i miei commenti su X Factor, e uno dei risultati è stato che ho smesso di preoccuparmene.

Ramanzina moralista

Il sabato pomeriggio la mia timeline si riempie di tweet sul calcio. Anche se non sono una tifosa di calcio, sorrido amorevolmente leggendo quei tweet – alcuni dei quali sono di mio marito – perché mi piace vedere altra gente che si diverte.

Ma guai se il sabato sera parlo del programma che sto guardando: arriva subito qualcuno a farmi la ramanzina e a spiegarmi quanto faccia schifo. Bloccare rompiscatole bigotti non è divertente come sembra, e così ho smesso di commentare i programmi televisivi su Twitter. Anche se lo scorso fine settimana ho passato un’oretta a scambiare commenti su X Factor con Stella Creasy, ed è stato divertente come ai vecchi tempi. Non per molto, però. Stavolta è stato uno degli account che seguo, in realtà, a prendersi la briga di dire a me – e a tanti altri che lo seguono – che dovevo smettere di guardare quel programma. Come aveva fatto lui (e bravo).

Siamo usciti dalla gabbia della vecchia idea di cultura alta e bassa, no?

È incredibile che si possa ancora essere così moralisti. Forse è un po’ colpa di Roald Dahl. Adoravo i suoi libri da bambina e li ho letti tutti ai miei figli, ma il messaggio della Fabbrica di cioccolato è chiaro: la televisione degrada e corrompe. Mike Tivù ne è ossessionato e così finisce rimpicciolito e risucchiato dentro un televisore. Quella scatola sinistra assume il controllo della tua vita, ti sminuisce e poi ti consuma.

Però non scordiamoci che è stato scritto nel 1964. Da allora abbiamo fatto un bel po’ di strada e siamo usciti dalla gabbia della vecchia idea di cultura “alta” e “bassa”, no? Se non ci credete, date un’occhiata a Gogglebox, un altro dei miei programmi preferiti, in cui guardiamo alla nostra tv persone che guardano cose alla loro tv, mentre il fantasma di Roald Dahl si rivolta nella tomba agitando inutilmente il pugno contro di noi.

La tv ha trionfato e se pensiamo alle tante nuove forme di intrattenimento che le fanno concorrenza, probabilmente è un miracolo che sia sopravvissuta. Gogglebox è un programma che celebra l’esperienza della visione televisiva in famiglia, ed è così coinvolgente proprio perché è leggermente nostalgico. Quello che ci mostra, in primo luogo, è che nessuno guarda passivamente. Ognuno di noi partecipa, interpreta, giudica e reagisce: non spegniamo il televisore appena qualcosa non ci piace. Perché, pensavate di essere gli unici a fare battute e a dirne di tutti i colori dal vostro divano, mentre guardate la tv? Lo facciamo tutti, è questo il punto.

Tutti insieme davanti alla scatola magica

Quelle che partecipano a Gogglebox sono persone particolarmente affettuose e simpatiche (anche quando dicono qualche cattiveria). In quel programma vediamo cose che non capita spesso di vedere nelle fiction: famiglie in cui le persone si vogliono bene, genitori che trovano spiritosi i figli, figli che trovano intelligenti i genitori ed ex che sono rimasti amici. E tutti insieme si fanno compagnia davanti alla scatola magica.

Le loro reazioni ci dimostrano che non c’è bisogno di amare ogni singolo istante di quello che vedi per amare l’esperienza nel suo insieme. Scoppiano a ridere se una cosa è brutta, si commuovono fino alle lacrime per le difficoltà altrui, esprimono rumorosamente la loro disapprovazione o sospirano sollevate, davanti allo schermo. Io li amo tutti, perché capiscono una verità di fondo: ci sono cose belle in tv, a volte, e anche quando non ci sono è sempre divertente guardarla.

(Traduzione di Diana Corsini)

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