26 luglio 2018 11:45

Me ne sto sdraiata in giardino, su una coperta scozzese, indossando un bikini e crogiolandomi in questa ondata di calore. Peccato solo che non sia il 1976, anche se potrebbe benissimo esserlo, e che io non abbia 13 anni ma 55, nonostante al momento non me li senta per niente addosso. Tengo attaccato all’orecchio il minuscolo speaker del mio iPhone, che ce la mette tutta per suonare come una radio a transistor. E intanto ascolto a tutto volume, in tutta la sua tintinnante gloria, S-S-Single bed dei Fox.

Ultimamente due miei amici hanno fatto qualche playlist del 1976, così io le ho fuse tra loro per crearne una a mia volta… anche se devo ammettere che le nostre scelte sono praticamente identiche. E l’ondata di calore di quest’anno mi ha fatto rivivere a fondo quell’anno di meraviglie del pop.

Il mio diario
Mentre me ne sto sdraiata al sole non c’è nulla al mondo che mi faccia sentire viva come un intero pomeriggio di More, more, more, Play that funky music, Young hearts run free, The killing of Georgie (part I and II) e This is it. E quando il sole inizia a calare passiamo agilmente a Lowdown e TVC15, Low rider e Amoureuse, Haitian divorce e poi ancora Free, Fool to cry e Wake up everybody. E se avete la mia stessa età sapete di cosa parlo.

Quell’indimenticabile estate avevo 13 anni e di nascosto dai miei genitori andavo alla discoteca della città a pomiciare con ragazzi più grandi di me, per poi prendere nota di ogni cosa. Ho riportato anche l’intera ondata di caldo nel mio diario, segnando per settimane le pagine con l’emoji di un sole disegnato a mano. Il primo sole era alla pagina dell’8 giugno, con le parole “fa caldo” sottolineate. E quel giorno non avevo ancora idea di quanto sarebbe stato bello quel periodo. Al giorno seguente c’è scritto “Caldo ma ventilato. Ho visto I sopravvissuti”.

Sarà che la musica pop suona meglio se il sole splende? O forse suona meglio se sei giovane?

Wimbledon quell’anno è cominciato il 21 giugno e ogni giorno c’è stato un sole stupendo. Ho scritto “Il tempo è magnifico” poi “i Real Thing sono i numeri 1!”. Sabato 26 giugno, “Caldo rovente! Bikini preso!”. Mi ero data una rinfrescata con il tubo del giardino non pensando a eventuali divieti di irrigare, o forse ancora non erano in vigore. Dopo un po’ avevo esaurito le parole per descrivere quel caldo che stava diventando qualcosa di straordinario. “Caldo rovente!”, ho scritto prima, poi “Ancora rovente!!” e “Rovente, anche oggi!!”.

E poi c’erano quelle canzoni, che si fondevano con tutto ciò che stavo vivendo illuminando le giornate come la colonna sonora di un film di Scorsese e irradiando ogni cosa dello splendore del sole che tramonta sui prati bruniti della periferia. Sarà che la musica pop suona meglio se il sole splende? O forse suona meglio se sei giovane? Continuo a tenermi aggiornata su tutte le nuove uscite, ma credo che non sia possibile provare un amore intenso come quello che si sente a 13 anni. Il mio cuore appartiene totalmente a quelle canzoni e nulla riuscirà a toccarlo così profondamente come loro.

Bikini color pelle
Le settimane di estate si prolungavano, il terreno si era fatto brullo e tutti noi friggevamo dal caldo. Ho guardato Chris Evert vincere Wimbledon, mentre non ricordo chi abbia vinto per la categoria maschile, e quando luglio portò con sé un temporale fuori stagione le cose cambiarono di poco: “È piovuto!! Solo qualche goccia però”. Ad agosto ero stata al parco, dalle mie parti, e “ho camminato nel lago (si è prosciugato)”. Il 10 agosto faceva un caldo talmente torrido che il cane si è rifiutato di uscire a passeggio.

Prendendo il sole tutti i giorni, e ignorando tutti i vari discorsi sui fattori di protezione e sui rischi di danni per la pelle, dovevo essere abbronzata come una patatina fritta dorata. Ci spalmavamo l’olio Johnson’s Baby puntando a ottenere una pelle il più scura possibile e adoravamo i segni dell’abbronzatura, quei bikini color pelle che rimanevano addosso anche una volta tolti i vestiti. E che bello vedere i nostri denti splendere sotto le luci ultraviolette della discoteca. Poi finalmente il tempo aveva cominciato a cambiare. “Oggi è piovuto!!! Evviva! Non molto però, quindi c’è ancora poca acqua”. Poi di nuovo a scuola; avevo compiuto i 14 anni e per il mio compleanno avevo ricevuto I want more dei Can, una canzone che non può mai mancare nelle nostre playlist di successi del 1976 e che era stata proprio una hit di quella estate, arrivando in agosto al numero 26 delle classifiche dei pezzi più suonati.

Ora, in questa rovente estate del 2018, faccio tutte le mattine una passeggiata nel caldo, il più presto possibile per evitare le ore di calore più intenso. L’erba è secca e la vista della città è annebbiata dallo smog, ma io intanto me ne sto nel mio mondo con le mie cuffiette e quando all’orecchio arriva quella canzone i miei passi acquistano un che di frizzante. Se mi guardate bene, vedrete che un po’ sto ballando, non semplicemente camminando, e che ne voglio ancora e ancora e ancora e ancora.

(Traduzione di Marichiara Benini)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.

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