31 marzo 2011 00:00

Il Portogallo è finito in prima pagina per le proteste contro i tagli alla spesa pubblica e i declassamenti da parte delle agenzie internazionali. Chi segue più attentamente le vicende del paese teme che i tagli annunziati vadano a colpire anche la scuola portoghese e, si pensa, alcuni dei meccanismi più delicati di innovazione dell’insegnamento che il paese ha messo in atto dai primi anni duemila.

Questi meccanismi hanno prodotto tra l’altro i risultati d’insieme registrati dall’ultima indagine Pisa su competenze linguistiche e matematiche dei quindicenni: la scuola portoghese ha scalato molti posti nella classifica dei paesi Ocse e ne ha raggiunto la media. Ma meritano attenzione i dettagli di questo progresso.

Le politiche scolastiche, evitando grandi ristrutturazioni, con continuità e coerenza hanno badato ai particolari. È stata potenziata la scuola preelementare, le tecnologie sono state introdotte nelle aule, la scuola ha badato agli apprendimenti di competenze incidendo sulla formazione degli insegnanti. I test di verifica degli apprendimenti da giudizio finale sono diventati pratica abituale in corso d’anno e i loro risultati hanno portato gli insegnanti a capire e correggere i punti deboli dei loro allievi, ma anche, guarda un po’, del loro modo di insegnare.

Guardare ai più deboli ha portato la scuola a ridurre le distanze tra i meno e i più bravi, e a portare al minimo gli effetti scolastici della provenienza da ceti svantaggiati e dall’immigrazione.

Internazionale, numero 891, 1 aprile 2011

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