06 febbraio 2015 15:18

La crudele uccisione del pilota giordano Muaz al Kasasbeh, bruciato vivo dal gruppo Stato islamico, ha scatenato un dibattito tra gli iracheni e gli abitanti dei paesi vicini sull’atteggiamento da adottare nei confronti dell’organizzazione jihadista. Molti cittadini dell’Iraq, tra cui le più alte cariche dello stato, hanno condannato l’esecuzione e il modo in cui è stata compiuta, definendola un crimine contro l’umanità e contro l’islam.

Sui social network, invece, iracheni e giordani si sono confrontati sul loro rapporto con le organizzazioni terroristiche come lo Stato islamico. Molti giornalisti e politici giordani tendono a considerare il gruppo Stato islamico come un problema esclusivamente iracheno, come una conseguenza della resistenza alle forze d’occupazione statunitensi o della lotta tra sciiti e sunniti. Gli iracheni, invece, ricordano che l’ex leader di Al Qaeda, il jihadista giordano Abu Musab al Zarqawi, era stato celebrato come un eroe dai gruppi tribali giordani dopo la sua morte in un raid statunitense nel giugno del 2006.

Pur esprimendo la loro solidarietà verso la famiglia del pilota ucciso, i blogger iracheni mettono in evidenza che il gruppo Stato islamico non è solo una “malattia” del loro paese, perché sta mettendo a rischio la pace di Siria, Yemen, Libia, Libano ed Egitto. Ora anche la stabilità della Giordania è in pericolo: la morte di Al Kasasbeh potrebbe essere la scintilla che farà esplodere il paese.

Allo stesso tempo ci sono voci, sia giordane sia irachene, che fanno notare: “Il pilota è morto in modo barbaro. Però, perché stava volando nei cieli di un altro paese?”.

Altri ancora, tra cui molti alti esponenti religiosi, alzano la voce: “Non è il momento di indugiare. Quello che è successo è un campanello d’allarme per tutto il mondo islamico, per capire cosa c’è di sbagliato nelle nostre istituzioni educative”. La morte di Al Kasasbeh “potrebbe cancellare ogni minima forma di simpatia verso i jihadisti nel mondo musulmano”, conferma lo studioso Shaker Luaibi.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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