12 agosto 2015 15:45

Per il quinto giorno consecutivo piazza Tahrir, a Baghdad, si è riempita di giovani manifestanti. Il loro numero è continuato a crescere. Mio nipote Nawar, uno studente di 27 anni, non si è mai interessato di politica (”Puzza di marcio”, mi ha detto qualche mese fa). Eppure due giorni fa si è arrampicato su un alto muro con una bandiera irachena intorno al collo per protestare contro la corruzione.

Quasi l’85 per cento dei manifestanti ha meno di 35 anni, secondo il ricercatore Ammar al Sawad, che era in piazza con loro. Questi giovani non si sentono rappresentati dalla classe politica, anche se costituiscono il 75 per cento della popolazione. Solo due parlamentari su 325 fanno parte di questa generazione, mentre la maggior parte dei leader politici, dentro e fuori dal governo, ha più di sessant’anni.

Secondo le stime di Ammar, a Baghdad c’erano essenzialmente tre gruppi di manifestanti: gli attivisti delle ong, che chiedono uno stato “né sciita né sunnita, ma laico”; alcuni sostenitori dei partiti religiosi e membri delle milizie che si oppongono al recente parlamento e vogliono un sistema presidenziale, in cui il capo dello stato è eletto direttamente dal popolo; il restante 65 per cento dei manifestanti protesta contro la corruzione, e anche contro gli stipendi eccessivi di ministri e deputati.

I dimostranti hanno diffuso dati scioccanti in merito: secondo un’inchiesta della giornalista Mayada al Juburi, gli stipendi di ministri e deputati possono arrivare fino a undicimila dollari al mese, a cui vanno aggiunti altri ventimila dollari per le spese legate alla sicurezza personale.

Il 10 agosto è stato un giorno di vittoria. Il primo ministro ha annunciato un pacchetto di riforme contro la corruzione

In piazza un giovane manifestante indossava una maglietta gialla con un disegno di un uomo che si mordeva le mani e diceva: “Ridatemi il mio voto!”. Molti slogan rilanciavano la richiesta di voto anticipato.

La mancanza di elettricità è un altro problema particolarmente sentito, anche in considerazione delle temperature che in questa stagione hanno superato i cinquanta gradi. Anche qui il problema è dovuto alla corruzione diffusa. I numeri sono impressionanti: dal 2003 a oggi sarebbero stati spesi quaranta miliardi di dollari per migliorare le infrastrutture elettriche. Secondo Sayyed Ammar al Hakim, capo del consiglio supremo islamico dell’Iraq, la cifra arriverebbe addirittura a 80,5 miliardi di dollari. A piazza Tahrir circola una lista dei corrotti, sotto la scritta “Wanted”, in cui figurano i nomi di tutti i ministri dell’elettricità, passati e presente. Uno di loro è fuggito nel 2006.

Un voto a sorpresa

Il 10 agosto è stato un giorno di vittoria per i manifestanti. Sotto la pressione della piazza, il primo ministro Haider al Abadi ha annunciato un pacchetto di riforme contro la corruzione, che prevede il taglio di una serie di alte cariche governative e dei loro addetti alla sicurezza, e l’abolizione delle cariche di vicepresidente e vicepremier. Il provvedimento dovrebbe quindi riguardare anche i due ex premier Nuri al Maliki e Iyad Allawi, attualmente vicepresidenti, che si sono detti favorevoli alle riforme, ma hanno poi accusato Al Abadi di violare la costituzione. Un’altra persona che dovrebbe essere colpita dalle nuove norme è il leader sciita Hazem al Araji, che figura in cima alla lista dei corrotti sbandierata dai dimostranti a Baghdad ed è uno dei 18 esponenti politici a cui è stato vietato di lasciare il paese.

Con grande sorpresa di tutti, l’11 agosto il parlamento ha approvato all’unanimità il progetto di riforma di Al Abadi. Hanno votato a favore anche gli esponenti politici colpiti dai provvedimenti e quelli accusati di corruzione. Ma i manifestanti di piazza Tahrir non si fidano e hanno deciso di tornare in piazza il 14 agosto per mantenere alta la pressione sul governo: chiedono garanzie affinché le riforme si trasformino in realtà e non siano solo delle belle promesse sulla carta.

(Traduzione di Chiara Nielsen)

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