13 maggio 2013 13:33

È un delitto infame diffuso nelle società islamiche dell’Asia meridionale. E non è certo una notizia rassicurante che gli agguati con l’acido ora sembrino diffondersi anche in Italia. Sfregi al vetriolo come punizione verso la donna vista come proprietà.

Sono centinaia le donne colpite ogni anno in Pakistan, Bangladesh, India e Afghanistan. Un’atrocità raccontata magistralmente dalla giornalista pachistana Sharmeen Obaid-Chinoy nel suo documentario Saving face, premiato con un Oscar l’anno scorso. Certo, l’avvocata Lucia Annibali di Pesaro non avrebbe mai potuto immaginare di condividere il destino delle giovani pachistane Zakia e Rukshana, protagoniste del film.

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La donna, 35 anni, mentre tornava a casa la sera è stata vittima di un agguato con l’acido e rischia di perdere la vista. Come mandante è stato arrestato l’avvocato ed ex compagno Luca Varani, che avrebbe pagato trentamila euro a due albanesi esecutori materiali, anche loro fermati. È un classico crimine attuato per vendetta, per punire la donna dopo la fine di una relazione o una richiesta di separazione. Un crimine crudele che sfigura la donna per sempre e che mira alla cancellazione della sua bellezza, alla distruzione della sua femminilità.

Un marchio indelebile che spesso porta al suicidio, come nel caso di Fakhra Younas, protagonista del libro

Il volto cancellato, che si è tolta la vita dopo decine di operazioni. Che a Roma sia stato aggredito un infermiere di 32 anni, perseguitato dalla sua ex fidanzata, è l’eccezione che conferma la regola. Pochi giorni fa a Milano una donna incinta è stata colpita da un uomo che indossava un casco integrale e che le ha gettato dell’acido sul volto.

L’ultimo caso, a Vicenza, riguarda una donna di 31 anni che aveva subìto uno stupro undici anni fa e poi denunciato delle minacce. Gli agguati all’acido sono delitti “a costo zero”: non servono armi, basta un bicchierino di plastica con del liquido di batteria. È terrificante perché non vuole uccidere, ma sfigurare per fare soffrire la vittima a vita.

La preoccupante serie di questi agguati alimenta il sospetto di un fenomeno di emulazione come quello dei sassi dai cavalcavia. Ne sono convinti il criminologo Vincenzo Mastronardi e gli inquirenti che invitano i mezzi d’informazione a non entrare nei dettagli di queste aggressioni per non suscitare possibili imitatori. È comunque tutt’altro che tranquillizzante che, in un paese in cui dal 2000 a oggi sono stati commessi 2.223 femminicidi, compaia un’ulteriore forma di violenza così crudele.

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