La battuta più bella finora l’ha detta Bert Kruismans, il baffuto umorista fiammingo che ogni lunedì mattina regala una salvifica dose di risate agli ascoltatori dell’emittente francofona La Première: con il suo inconfondibile accento del nord, ha spiegato che in onore del futuro premier del Belgio, il socialista col papillon Elio Di Rupo, “è stata perfino nazionalizzata una banca!”. In realtà è l’improvviso collasso di Dexia ad aver accelerato l’ultima fase dei negoziati, che nella notte tra il 7 e l’8 ottobre si sono chiusi mettendo fine a 482 giorni di crisi.

L’8 mattina sulle prime pagine dei giornali spiccava il nome dell’istituto bancario francobelga. Mentre nei giorni precedenti ci si era interrogati sulla gravità della situazione (i risparmi dei correntisti erano a rischio? Avevano ragione a tremare gli enti locali, abituati a contare sulle casse di Dexia per i loro finanziamenti?), sabato la salvezza appariva ormai vicina: lo stato belga era disposto ad acquisire il ramo belga di Dexia.

Solo in secondo piano era annunciata la sesta riforma dello stato, che - tra le altre cose - riconosce alle tre regioni (Fiandre, Vallonia e Bruxelles-Capitale) più autonomia fiscale e assegna loro nuove competenze, soprattutto in materia di impiego e di sanità. Questa mattina Di Rupo presenterà il testo definitivo della riforma, poi dovrebbe annunciare chi - tra gli otto partiti firmatari dello storico accordo - rimarrà seduto al tavolo dei negoziati.

Mancano infatti due punti della “nota Di Rupo” da discutere, prima di passare alla formazione dell’esecutivo: il bilancio 2012 e la politica socioeconomica. E su questi due punti, la squadra formata da socialisti, liberali, conservatori e verdi di entrambe le comunità linguistiche rischia di spaccarsi. Secondo alcuni potrebbe non essere un male, perché se nella futura coalizione di governo entrassero gli otto partiti, l’opposizione sarebbe quasi tutta in mano ai nazionalisti fiamminghi della N-VA e del Vlaams Belang (ai quali si aggiungerebbero tre deputati dei Fédéralistes démocrates francophones, i nazionalisti francofoni).

E mentre politici e opinionisti continuano a polemizzare sulla natura della riforma di stato (pragmatica via d’uscita dall’impasse o flagrante capitolazione dei francofoni di fronte alle pressioni autonomiste dei neerlandofoni, sempre più vicini al traguardo della scissione?), non riesco a non stupirmi di un fatto. Elio Di Rupo sarebbe il primo premier omosessuale dichiarato e figlio di immigrati nella storia del paese (del mondo?), ma qui tutti se ne infischiano. I belgi sono molto più colpiti dal fatto che avranno un capo di governo francofono per la prima volta dal 1979. Saranno pure fissati con l’appartenenza linguistica, ma la loro è una bella lezione di civiltà.

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