Falsa guerra è un romanzo corale su un’epoca segnata dalla migrazione e dall’itineranza. La storia è divisa in tre parti: Vite moderne I, un Interludio e Vite moderne II. Il passaggio da una sezione all’altra è un gioco di tecniche narrative diverse: le Vite moderne sono dominate dalla prima persona, plurale o singolare, e da dialoghi brevi e spezzettati, mentre nell’Interludio la prosa più fluida viene dalla voce di un narratore onnisciente in terza persona. La struttura ambiziosa intreccia diverse storie simultanee ricreando i tipi umani delle generazioni più recenti di cubani. Tecnicamente, può anche essere considerato un romanzo di formazione, nel senso che l’avviamento alla paternità e la scrittura del romanzo stesso fanno parte della trama. Álvarez rende così esplicito il significato di una trama inafferrabile. In Falsa guerra sono raccontati furori, rapine, omicidi, amori e odi, ma sono storie volutamente scollegate, come se fossero lì solo per rivelare una storia più grande, implicita, espressa attraverso una sovrapposizione di diverse esperienze di esilio. Alcuni hanno vissuto a Città del Messico, Parigi o New York. Altri sono arrivati in zattera, in aereo o attraverso il Texas. L’interazione dei personaggi è regolata dallo scambio di segni tra identità migratorie che fanno riferimento a qualche momento dell’esodo cubano: il primo esilio, l’esodo di Mariel, i balseros, Guantánamo.
Rafael Rojas, Letras Libres

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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 93. Compra questo numero | Abbonati