In California ci sono state due stragi con armi da fuoco in tre giorni. “La prima il 21 gennaio a Monterey Park, vicino a Los Angeles, dove un uomo ha sparato in una sala da ballo, uccidendo undici persone”, scrive il Los Angeles Times. “È riuscito a fuggire ed è stato trovato morto qualche ora dopo in un furgone. Secondo le autorità si è ucciso, sparandosi”. Due giorni dopo un uomo ha aperto il fuoco in due località rurali a Half Moon Bay, non lontano da San Francisco, uccidendo sette persone. Il sospettato è stato arrestato due ore dopo mentre era seduto in un’auto parcheggiata vicino a una stazione di polizia. “Le due sparatorie hanno elementi in comune”, spiega il New York Times. “In entrambi i casi a sparare sono stati due uomini anziani di origine asiatica, caratteristiche abbastanza rare nelle stragi con armi da fuoco. Inoltre, anche le vittime erano prevalentemente asiatiche, molte delle quali stavano ancora festeggiando il capodanno cinese”. La California è uno degli stati con le leggi più severe sul possesso di armi: le norme prevedono lunghi tempi d’attesa prima dell’acquisto e controlli sui precedenti dei compratori, e vietano le armi d’assalto di tipo militare. Inoltre, dal 2014 nello stato c’è una legge, cosiddetta red-flag, che consente alle autorità di togliere le armi a qualcuno che potrebbe essere pericoloso per gli altri e per se stesso. “Le stragi del 21 e 23 gennaio dimostrano che norme severe non sono in grado di prevenire completamente la violenza in un paese in cui il possesso d’armi è un diritto costituzionale, pistole e fucili circolano liberamente tra stati con norme molto diverse e le misure di controllo delle armi sono piene di eccezioni”, scrive il Washington Post. “Ma i dati mostrano che la California ha uno dei tassi di mortalità per armi da fuoco più bassi del paese, un dato che secondo gli esperti è dovuto proprio a quelle leggi”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1496 di Internazionale, a pagina 23. Compra questo numero | Abbonati