Il secondo lungometraggio della regista tunisina Erige Sehiri seduce anche solo per il modo sensuale in cui i corpi dei personaggi si muovono nella scenografia del film, un rigoglioso frutteto nel nordest della Tunisia. È la stagione della raccolta dei fichi e i gesti dei braccianti agricoli sono belli e precisi. Qua e là emergono delle piccole storie (di seduzione o di gelosia) e il frutteto si trasforma in uno spazio di libertà in cui il contatto con la natura fa circolare il desiderio. Ma la forza del film è soprattutto nel suo modo di politicizzare la sessualità, a immagine del caposquadra che sfrutta in ogni modo la sua posizione e la miseria dei braccianti per ottenere favori e non esita a mettere gli uni contro gli altri per accrescere il suo potere. Dietro la leggerezza apparente Sehiri tratteggia il ritratto di una società prigioniera dei suoi mali, in cui la libertà è solo un miraggio.
Ariel Schweitzer, Cahiers du cinéma

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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati