Il 9 giugno la giunta sudanese guidata dal generale Abdel Fattah al Burhan ha dichiarato persona non gradita Volker Perthes, l’inviato delle Nazioni Unite e principale mediatore nel conflitto in corso tra l’esercito regolare e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf). Da metà aprile i combattimenti hanno causato più di 860 morti e costretto 1,4 milioni di persone ad abbandonare le loro case. Ma gli effetti sulla popolazione civile potrebbero andare oltre. L’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha avvertito che gli scontri ostacolano la stagione della semina. Se si considera che i prezzi dei prodotti alimentari e di prima necessità sono aumentati notevolmente, si corre il rischio di una carestia. I negoziatori impegnati nei colloqui sulla diga Grand ethiopian renaissance (Gerd) esprimono preoccupazione anche per l’interruzione delle trattative sulla gestione della grande infrastruttura, che secondo Egitto e Sudan rischia di compromettere la portata del fiume Nilo. Il quotidiano Al Araby Al Jadid scrive che la situazione attuale favorisce l’Etiopia. Allo stesso tempo Addis Abeba potrebbe approfittare del vuoto di potere a Khartoum nella disputa sul triangolo di Al Fashagha, un’area fertile al confine tra i paesi, dove i contadini etiopi hanno ripreso a coltivare i campi.

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Questo articolo è uscito sul numero 1516 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati