◆ Il fiordo Comau, nella Patagonia cilena, è circondato da montagne ricoperte da foreste. La regione, in apparenza incontaminata, ospita in realtà grandi impianti di acquacoltura per l’allevamento dei salmoni. All’inizio del 2021 la proliferazione incontrollata delle alghe, dovuta all’eccesso di nutrienti, ha cominciato a soffocare e uccidere i salmoni nelle gabbie. Ad aprile il bilancio era di seimila tonnellate di pesci morti e un grave inquinamento della zona. I pescatori locali hanno accusato i gestori degli impianti di aver riversato i pesci morti in mare, vicino alle coste, peggiorando la situazione.

L’industria si è difesa imputando la morìa alla crisi climatica: “è un fenomeno naturale, che non ha niente a che fare con la gestione delle aziende”, ha affermato Felipe Sandoval, del sindacato delle imprese AquaChile. Secondo il Bulletin of the Atomic Scientists, l’acquacoltura è presentata spesso come un sistema di produzione sostenibile, ma gli impianti creano problemi: i pesci allevati possono scappare e competere con quelli selvatici per il cibo; i pesticidi e gli antibiotici usati nell’allevamento possono contaminare le acque; i parassiti dei salmoni possono diffondersi nell’ambiente; i rifiuti organici e di plastica degli impianti possono inquinare le coste e i fondali. E il cambiamento climatico rischia di aggravare la situazione. Sarebbero quindi necessari sistemi più sostenibili, come quelli già adottati in altri paesi, per esempio in Norvegia.

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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati