Il 28 gennaio l’Italia è entrata a pieno titolo nel circuito dei vertici tra l’Africa e le varie potenze mondiali. Per la prima volta Roma ha accolto una cinquantina di delegazioni africane, oltre ai leader europei e ai rappresentanti di organizzazioni internazionali. Questa conferenza non è stata solo un tentativo di stare al passo con i tempi o il segno di una mania di grandezza volta a coronare il secolare sogno dell’impero romano di dominare il mondo. Il governo di Giorgia Meloni ha messo tra le sue priorità la collaborazione con i paesi africani per elaborare una nuova strategia verso il continente, con l’obiettivo di controllare meglio i flussi migratori nel Mediterraneo.

Secondo gli organizzatori, per l’incontro è stato adottato un “approccio ascendente”, che tiene conto cioè delle esigenze delle varie parti invece di imporre soluzioni dall’alto. L’iniziativa è tanto più apprezzabile in quanto, oltre alle classiche misure di polizia messe in atto alle frontiere o nel Mediterraneo per respingere i migranti, l’Italia vuole affrontare le cause economiche all’origine delle migrazioni. In altre parole, vuole investire in progetti economici per convincere i giovani africani a restare nei loro paesi.

L’Africa ha un ruolo importante da svolgere e deve cogliere l’opportunità, non per chiedere l’elemosina ai paesi ricchi, ma per discutere dei problemi reali del continente, che stanno spingendo le sue popolazioni, in particolare i giovani, sulla rischiosa strada dell’esilio.

Dopo la Libia

Oggi l’Italia non ha un ruolo di primo piano in Africa, forse a causa della sua breve dominazione coloniale e della congiuntura economica interna, ma resta il fatto che nel passato recente ha partecipato alla destabilizzazione del continente, contribuendo all’aumento dei flussi migratori. L’intervento occidentale in Libia, infatti, è stato sostenuto anche dal governo di Silvio Berlusconi. Oggi sappiamo quali sono state per l’Africa le conseguenze di quell’operazione militare.

Il nuovo piano italiano, al di là delle misure economiche, dovrà aiutare i paesi africani a fare i conti con le conseguenze di quello che è successo in Libia, contribuendo a combattere l’insicurezza, in particolare nei paesi della fascia sahelo-sahariana, dove sono presenti numerosi gruppi armati.

In ogni caso l’Africa deve capire che questi vertici ricorrenti e uguali l’uno all’altro non l’aiuteranno più di tanto. E per una buona ragione. Come disse una volta lo storico burkinabé Joseph Ki-Zerbo, “non si sviluppa un paese, ci si sviluppa da soli”. Se l’Africa vuole fare a meno degli aiuti dei paesi ricchi – che per decenni hanno avuto come effetto di mantenere il continente dipendente dalle potenze mondiali – deve trovare le risorse necessarie per svilupparsi e garantire un futuro ai suoi giovani attraverso una leadership politica ed economica virtuosa.

L’Italia e le altre potenze mondiali fanno gli occhi dolci all’Africa solo per servire i loro interessi. Lo diceva anche il generale francese Charles de Gaulle: “Gli stati non hanno amici, hanno solo interessi”.

Oggi l’Africa è al centro di ogni tipo di desiderio economico, e i discorsi sull’amicizia tra i popoli durante i grandi incontri internazionali servono solo a cullare il sonno degli africani, per sottrargli più facilmente le loro ricchezze. È per questo che in occasioni come il vertice di Roma il continente dovrebbe vendersi a caro prezzo. ◆ adg

Da sapere
Il piano Mattei

◆ Al vertice tra Italia e Africa del 29 gennaio la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni ha presentato i contenuti del “piano Mattei”. Il programma governativo per lo sviluppo del continente potrà contare su 5,5 miliardi di euro (presi dal fondo italiano per il clima e dalle risorse della cooperazione internazionale) da destinare a iniziative nell’istruzione, nella salute, nell’agricoltura, nell’acqua e nell’energia. Il presidente della commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, ha ringraziato Meloni, facendo però notare che “sarebbe stato meglio consultare prima gli africani”. Reuters


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Questo articolo è uscito sul numero 1548 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati