Nel mese di gennaio le borse della Cina continentale e di Hong Kong hanno perso 1.500 miliardi di dollari. I piccoli risparmiatori hanno sfogato tutta la loro frustrazione sui social network. Il 6 febbraio il presidente Xi Jinping ha chiamato a rapporto i responsabili delle piazze finanziarie e il giorno dopo ha licenziato Yi Huiman, il capo dell’autorità di vigilanza della borsa. Nell’immediato, tuttavia, Pechino potrà fare poco per fermare il crollo, perché la crisi della borsa è la conseguenza dei problemi strutturali dell’economia cinese, scrive l’Economist: “Fino a poco tempo fa gli investitori, sia quelli stranieri sia quelli cinesi, vedevano nel governo di Pechino un baluardo sicuro dell’economia. Oggi la fiducia è svanita, con gravi conseguenze per la crescita del paese”. Cos’è andato storto? Molte cose. Per esempio, l’ondata repressiva contro il settore dell’alta tecnologia, la gestione fallimentare della pandemia di covid-19, lo scoppio della bolla immobiliare e ora la deflazione, che danneggia anche i settori più avanzati. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 93. Compra questo numero | Abbonati