Yuichiro Chino, Getty

La Malaysia sta diventando un’importante produttrice di semiconduttori, di cui è già la sesta esportatrice mondiale. Il paese, racconta il New York Times, cavalca l’onda tecnologica fin dagli anni settanta, quando cominciò a corteggiare alcuni leader mondiali dell’elettronica. Creò una zona di libero scambio sull’isola di Penang, offrì esenzioni fiscali e costruì distretti industriali, magazzini e strade. La manodopera a buon mercato e la diffusione dell’inglese tra la popolazione furono altri elementi attraenti per le aziende straniere. Gli investimenti esteri son o aumentati a partire dal 2019, spinti dall’uso sempre più diffuso di semiconduttori. Dopo che la pandemia ha svelato la debolezza della catena di approvvigionamento globale, l’interesse verso la Malaysia come fonte ulteriore di microchip è cresciuto. Anche l’India si prepara a diventare un paese fornitore di semiconduttori, scrive Asia Times, e punta ad accaparrarsi il 10 per cento del mercato globale. La Tata electronics, che fa parte del principale conglomerato indiano, comincerà a produrre microchip in collaborazione con la taiwanese Psmc. Il governo indiano ha anche approvato la costruzione di una struttura per l’assemblaggio e il collaudo guidata dalla Cg power in collaborazione con la giapponese Renesas electronics e la tailandese Star microelectronics.

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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati