Se penso alle mie letture femministe e ricordo alcune delle storie che ho vissuto, mi viene la nausea. Eppure, non mi è mai successo niente di simile a quello che è successo a Júlia, la protagonista di Oscura foresta, l’ultimo libro della scrittrice carioca Tatiana Salem Levy. Allora perché parlare di femminismo, di abusi, di me stessa e delle altre donne? Perché ogni giorno, anche se inconsciamente, temiamo l’orrore che viene narrato in quest’opera immensa e potente. Ogni giorno noi donne, soprattutto quelle con figlie femmine, recitiamo una sorta di mantra nevrotico e infinito: “Sono viva”. Questa narrazione appartiene a tutte noi. Questo dolore deve appartenere a tutte noi. Júlia è stata violentemente stuprata. È quasi svenuta. È quasi morta. Ha passato mesi a vomitare ricordando quel momento che l’aveva spezzata per sempre. Anni dopo ha dei figli e sente il bisogno di raccontare questa storia. Salem Levy non solo descrive in modo preciso e vivido questo delitto avvenuto a Rio de Janeiro, sulla Vista chinesa (un belvedere dove molti fanno jogging ammirando la bellezza della città), ma va oltre e ci punta una pistola alla tempia, ci lacera, ci trafigge, ci violenta. È una letteratura necessaria, commovente e terribile. Sento ancora l’odore di spazzatura nell’aria e chiedo a tutti intorno a me “lo senti anche tu?”. È un libro sulle donne spezzate e sulla luce che può emanare da loro. Sull’essere vivi e continuare. È un libro fantastico.
Tati Bernardi, Folha de S.Paulo

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Questo articolo è uscito sul numero 1557 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati