Cultura Libri
Riddance
584 pagine, 22 euro

Riddance è un romanzo sconvolgente che si basa sull’idea dell’incomunicabile. Si svolge in un istituto per balbuzienti in cui una direttrice megalomane di nome Sybil Joines addestra i suoi alunni a parlare con i morti, un atto di negromanzia che a sua detta richiede una completa cancellazione del sé. La vicenda si svolge nel 1919, quando il fiorire dello spiritualismo e dello spiritismo coincideva con lo sviluppo delle moderne tecnologie della comunicazione. La contraddizione “di provare a pensare in modo razionale e scientifico a cose che sono immaginarie o spirituali” è il paradosso intellettuale che guida la scrittura di Shelley Jackson. Riddance è un assemblaggio frankensteiniano di finti ritagli di giornale, spartiti musicali, strane fotografie, diagrammi di esercizi di dizione e curiosità assurde tra cui una “mappa speculativa del necrocosmo”. Questi materiali sparsi (e mostruosi) sono rigorosamente organizzati in sezioni. Ce n’è anche una intitolata “Lettere a scrittori morti” che contiene un elenco di gotici corrispondenti come Edgar Allan Poe ed Emily Brontë. Nella sezione “Letture” ci sono estratti da un finto manuale intitolato Principi di necrofisica sul ventriloquio dei defunti che asserisce: “Per cedere la tua bocca alla voce di un altro devi sopprimere quella che un tempo pensavi fosse la tua voce”. Un’istruzione che sembra adattarsi sia alla comunicazione con i morti sia all’atto di scrivere romanzi. E Shelley Jackson non vede molta differenza tra le due cose.
Hermione Hoby, The New Yorker

Oscura foresta
128 pagine, 16,50 euro

Se penso alle mie letture femministe e ricordo alcune delle storie che ho vissuto, mi viene la nausea. Eppure, non mi è mai successo niente di simile a quello che è successo a Júlia, la protagonista di Oscura foresta, l’ultimo libro della scrittrice carioca Tatiana Salem Levy. Allora perché parlare di femminismo, di abusi, di me stessa e delle altre donne? Perché ogni giorno, anche se inconsciamente, temiamo l’orrore che viene narrato in quest’opera immensa e potente. Ogni giorno noi donne, soprattutto quelle con figlie femmine, recitiamo una sorta di mantra nevrotico e infinito: “Sono viva”. Questa narrazione appartiene a tutte noi. Questo dolore deve appartenere a tutte noi. Júlia è stata violentemente stuprata. È quasi svenuta. È quasi morta. Ha passato mesi a vomitare ricordando quel momento che l’aveva spezzata per sempre. Anni dopo ha dei figli e sente il bisogno di raccontare questa storia. Salem Levy non solo descrive in modo preciso e vivido questo delitto avvenuto a Rio de Janeiro, sulla Vista chinesa (un belvedere dove molti fanno jogging ammirando la bellezza della città), ma va oltre e ci punta una pistola alla tempia, ci lacera, ci trafigge, ci violenta. È una letteratura necessaria, commovente e terribile. Sento ancora l’odore di spazzatura nell’aria e chiedo a tutti intorno a me “lo senti anche tu?”. È un libro sulle donne spezzate e sulla luce che può emanare da loro. Sull’essere vivi e continuare. È un libro fantastico.
Tati Bernardi, Folha de S.Paulo

Come ho ucciso Margaret Thatcher
256 pagine, 17,00 euro

Nel 1979, lo zio di Sean, che aveva nove anni, votò per il partito conservatore di Margaret Thatcher. Il nonno di Sean lo prese a pugni così forte da finire in ospedale con una mano fratturata. Anche il padre di Sean ha votato Tory ma ha tenuto la cosa per sé. Questo romanzo, scritto alternativamente dal punto di vista di Sean da ragazzo nel bel mezzo degli eventi e da adulto guardando indietro, è un resoconto commovente e talvolta amaramente divertente della devastazione economica provocata dal governo conservatore nelle zone industriali delle West Midlands negli anni ottanta. L’orecchio di Cartwright per il dialetto locale della città di Dudley è davvero brillante. Mentre le cose per la famiglia di Sean vanno sempre peggio, lui concepisce un piano audace: uccidere la nuova premier. Come ho ucciso Margaret Thatcher è un romanzo arrabbiato e spietato e proprio questa è la sua forza.
Brandon Robshaw, The Independent

Il mondo di Charlie
256 pagine, 16,00 euro

Il giornalista David Von Drehle ha scritto libri su Abraham Lincoln e John F. Kennedy. Nel suo nuovo bestseller, Il mondo di Charlie, l’opinionista del Washington Post si occupa di un personaggio molto più vicino a lui, un uomo che considerava un suo amico. Charles Herbert White era un anestesista in pensione, un veterano della seconda guerra mondiale e un grande narratore di storie che viveva accanto all’autore nei sobborghi di Kansas City. A cominciare dal 2007, quando i Von Drehle si erano trasferiti in quella zona, fino al 2014, quando White morì a 109 anni, i due avevano fatto lunghe chiacchierate nel piccolo tinello dell’anziano signore. Non cercavano di carpire il senso della vita e Von Drehle non registrava le loro conversazioni. Sicuramente all’inizio non aveva intenzione di immortalare le vicende del suo vicino di casa. L’autore era rimasto colpito dall’approccio stoico dell’amico su tutto, dall’educazione dei figli all’invecchiare. Dopo la morte di White Von Drehle ha cominciato a ragionare sulle cose che il suo amico aveva passato – due guerre mondiali, una pandemia e la grande depressione – e ha capito che ai suoi figli potrebbero capitare sfide simili in questo secolo tumultuoso. “Charlie ha vissuto a pieno una vita incredibilmente lunga”, scrive Von Drehle, “ma è un uomo comune che potresti incontrare per strada o in sala operatoria”. Charlie H. White era uno straordinario uomo qualunque.
Elisabeth Egan, The New York Times

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1557 - 5 aprile 2024
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