Nel 1979, quando il giovane Pedro Pinto stava imparando cosa significa difendere le risorse naturali, l’Honduras era ancora governato da un regime militare. Sono passati più di quarant’anni, ma don Pedro (come lo chiamano tutti) continua a proteggere l’acqua, le foreste e la montagna del Güisayote a La Labor, un piccolo comune del dipartimento di Ocotepeque, nella parte occidentale del paese, al confine con il Guatemala ed El Salvador.

Pinto fa uno dei lavori più pericolosi di tutto l’Honduras: tutela l’ambiente. Secondo un rapporto presentato dall’ong Global witness, tra il 2002 e il 2014 nel paese sono stati assassinati 111 ecologisti. Alcuni casi non inclusi nel rapporto sono finiti sulla stampa internazionale, come le morti di Jeannette Kawas, Carlos Escaleras e Berta Cáceres. Per l’omicidio di Cáceres nel 2016 la giustizia honduregna ha condannato sette persone a pene che vanno dai trenta ai cinquant’anni, ma la famiglia continua a chiedere che anche i mandanti siano puniti.

Pinto ha ricevuto minacce di morte, ma non ha rinunciato alla sua battaglia. Nel novembre 2022 ha subìto delle intimidazioni: qualcuno ha bruciato due veicoli di sua proprietà e uno dei suoi figli è stato investito da un’auto mentre era in moto. Lui non esclude che i due eventi siano collegati. Anni prima, qualcuno tagliò le piante di caffè dei suoi campi, mandando in rovina il raccolto. “L’acqua che consumiamo alla Labor arriva dal Güisayote”, spiega l’uomo, 67 anni, che dice di aver partecipato a molti seminari tenuti da Cáceres. Ricorda quando la montagna fu dichiarata riserva naturale, il 5 agosto 1987. “Allora ho cominciato a difenderla e a piantare diversi alberi nella zona”.

Dal marzo 2022 Pinto è ufficialmente un dipendente dell’Istituto nazionale di tutela forestale (Icf), che fa capo al governo honduregno. Quando gli si chiede quale sia il sostegno offerto dallo stato al suo lavoro, risponde: “Per ora mi hanno assunto come tecnico. Prima mi avevano dato solo la possibilità di seguire qualche corso di formazione. Ad aiutarmi, in realtà, sono state soprattutto le ong”.

Non ama i giri di parole. Ha ancora l’energia di un ragazzo e coltiva mais e fagioli. Oltre ai campi di caffè, ha quelli di banane e platani. Alla Labor, a circa quaranta minuti dal capoluogo del dipartimento, Ocotepeque, partecipa da una decina d’anni all’organizzazione e alla gestione degli enti del comune che si occupano della fornitura d’acqua. E ha coordinato per anni il comitato per la difesa dell’area protetta.

La Labor è un paese pittoresco, con stradine in salita e attività commerciali fiorite negli ultimi anni: ristoranti, alberghi e cooperative per la produzione di caffè. Secondo la leggenda, il nome La Labor si riferisce all’operosità dei suoi primi abitanti.

In Honduras, un paese pieno di brave persone ma impantanato nella povertà e nella violenza, difendere l’ambiente espone a rischi enormi

Il paese si trova nei pressi della Ca-4, la strada che collega Ocotepeque alla città di San Pedro Sula. Attualmente è composto da otto villaggi e quarantaquattro frazioni. A ottobre qui si celebra la festa del mais, una festa in cui si possono gustare piatti a base di questo prodotto e assistere a una sfilata di carri allegorici decorati con pannocchie e altri oggetti tipici del luogo.

In prima linea

Il sindaco della Labor, Lenín Villeda (del Partito nazionale, destra), spiega che l’ente locale per la salvaguardia delle risorse idriche è presieduto da Pinto, che è stato rieletto più volte. “È una persona nobile che difende le risorse naturali. Ricopre la carica da dodici anni. È la gente ad averlo eletto”.

Pinto è stato in prima linea anche nella lotta contro la Maverick, un’azienda canadese che opera nel campo dell’estrazione di minerali e che ebbe in concessione mille ettari nell’area del Güisayote durante il governo del presidente Ricardo Maduro (2002-2006). Gli abitanti della Labor cercarono di fermare la compagnia per vie legali e poi fecero pressione sui mezzi d’informazione, ma non ci fu nessun ripensamento né del governo né della Maverick. In quel periodo un giornalista che sosteneva la lotta dei residenti fu ucciso.

Due anni dopo che era stata data la concessione, sul terreno arrivarono i macchinari dell’azienda. Poi apparve un cartello in cui si cercavano duecento operai per cominciare a lavorare subito. Il 14 aprile 2004 centinaia di abitanti di Ocotepeque occuparono la strada Ca-4 per chiedere al parlamento di annullare la concessione. “Il 14 aprile per noi è stato il giorno della dignità, quando siamo scesi in strada. Siamo rimasti lì per 52 ore, finché il governo non ha fatto marcia indietro”, afferma Pinto.

In realtà il governo non ritirò la concessione, la ridusse. La compagnia mineraria non era più interessata allo sfruttamento dei terreni, e mise perfino un annuncio su internet per trovare qualcuno che li acquistasse. “Forse nessuno voleva davvero impegnarsi per quei terreni”, dice Pinto, “del resto alla Labor non ci sono mai state industrie di quel tipo”.

Un problema diffuso

Durante il primo mandato del presidente Juan Orlando Hernández (2014-2018) gli abitanti della Labor hanno organizzato un altro blocco stradale perché, in seguito all’iniziativa di un deputato, il parlamento stava per trasformare Güisayote da riserva naturale integrale (un’area protetta dove non sono ammesse attività antropiche di nessun tipo) a parco nazionale. “In quel modo sarebbe stato possibile svolgere attività commerciali sulla montagna”, spiega l’attivista. Una manifestazione di un giorno è stata sufficiente per impedire che toccassero il Güisayote.

Il sindaco Villeda conferma che per le battaglie che ha portato avanti Pinto rischia la vita, e lo stesso vale per la sua famiglia. “Hanno anche assoldato dei sicari per ucciderlo, penso che dovrebbe stare molto attento”, dice.

Riguardo ai due veicoli incendiati a novembre, invece, Pinto sostiene: “Quello è stato un mese difficile per la mia famiglia. Io sono abituato a queste situazioni, ma mia moglie ha avuto molta paura. Quando hanno bruciato la seconda macchina io ero a Tegucigalpa e lei era con i raccoglitori di caffè”.

Secondo lui gli incidenti di novembre non sono dovuti alla difesa del Güisayote, ma di un appezzamento di duemila ettari di proprietà del comune, dove si produce legna da ardere e si alleva il bestiame. Quel terreno era stato acquistato nel 1912 con i fondi della chiesa cattolica. Inizialmente era grande quattromila ettari. Ora la metà è stata lasciata libera, e alcune persone vogliono approfittarne violando la legge, spiega.

Il problema, del resto, è diffuso in tutto il paese: secondo i dati dell’Icf, tra il 2019 e il 2020 circa duecentomila ettari di terreno sono stati soggetti al disboscamento illegale e alla deforestazione.

Pinto ha raccontato di aver avuto altri problemi dopo che una squadra dell’Istituto nazionale di tutela forestale aveva fermato due camion pieni di legname che lo trasportavano senza un regolare permesso. Pensa che appartenessero a un deputato del parlamento. Come tecnico dell’Icf, ha anche bloccato l’apertura di una strada che avrebbe danneggiato alcune pinete. “Il mio compito è fare ispezioni, non sono io a decidere se concedere i permessi. Ma penso che in quel caso alcune persone si siano arrabbiate”, commenta.

Da quando è stato assunto come tecnico dell’Icf, può contare sul personale della polizia per svolgere alcune attività o fermare le azioni illegali, anche se il suo compito principale è documentare l’uso delle risorse in modo che gli uffici possano determinare se la legge è stata rispettata o meno. Ma è proprio da dipendente statale che ha subìto più aggressioni.

Nel dicembre 2022 l’Icf gli aveva suggerito di non uscire molto di casa e di prendere delle precauzioni. In quel momento stava valutando l’idea di chiedere asilo in un paese dell’America centrale, ma poi ha pensato: “Affronteremo la situazione, perché non possiamo andare avanti così”. E aggiunge: “Lo stato dovrebbe reagire perché io lavoro per il governo, e i danni che ho ricevuto sono dovuti allo scontro con persone che vogliono danneggiare la foresta”. Precisa che le autorità regionali dell’Icf l’hanno sostenuto, anche se forse non abbastanza, perché fino a quel momento non era stata assegnata una scorta né a lui né alla sua famiglia.

Infine, nel febbraio 2023, quasi tre mesi dopo l’incendio delle sue macchine, gli è stato assegnato un poliziotto di scorta, grazie all’intervento del comitato dei parenti delle persone detenute e scomparse in Honduras (Cofadeh). Ma corre ancora dei rischi, perché un agente non basta di certo a proteggerlo. Non c’è da sorprendersi per la situazione. Il sindaco Villeda spiega che nel dipartimento di Ocotepeque c’è solo un tecnico dell’Icf e che per presentare una denuncia legata all’ambiente bisogna andare fino a Santa Rosa de Copán, a 68 chilometri dal capoluogo Ocotepeque.

Dal ruscello all’oceano

Il nome Güisayote si riferisce all’ayote, una varietà di zucca. Questa montagna ospita molti ecosistemi, flora e fauna. A Ocotepeque si dice che güisayote nella lingua nativa significhi “abbondanza di cibo”.

Nell’area ci sono quaranta ruscelli che confluiscono in nove fiumi. Cinque di questi sfociano nell’oceano Atlantico e quattro nel Pacifico. La riserva ha una superficie di 14.081 ettari.

In Honduras 91 aree tra parchi nazionali, rifugi per la fauna selvatica e riserve naturali integrali sono sotto la sorveglianza e la protezione dell’Icf. Nonostante il loro status, molte aree sono state e continuano a essere violate, come nel caso del parco nazionale Carlos Escaleras, dove i residenti si stanno opponendo all’Inversiones Los Pinares, una compagnia che estrae ossido di ferro dal parco.

Alla Labor le persone impegnate nella difesa dell’ambiente, tra cui anche il sindaco Villeda, hanno acquistato più di mille ettari nella zona del Güisayote dove si trovano le sorgenti che forniscono acqua al comune. Villeda sottolinea che non si tratta di un’iniziativa solo del comune, perché hanno contribuito anche gli enti per la salvaguardia dell’acqua, i ristoranti, gli hotel, le cooperative e altre attività commerciali. Il sindaco spiega che, nonostante l’area sia protetta, alcune persone rivendicano una proprietà ancestrale sulla terra: “Loro coltivano i campi, e comprare i terreni è un modo per fermare l’attività agricola. Gli atti di compravendita sono stipulati a nome di tutti e allo stesso tempo di nessuno: partecipano il comune, i consigli idrici e le aziende private. In altre parole, nessuno può vendere. Compriamo solo per tutelare la foresta. È un sistema che si è dimostrato molto efficace e ci permette di fermare l’agricoltura migratoria”.

Oggi il modello della Labor è ripreso da altri comuni del dipartimento di Ocotepeque. Non è un caso che il comune dove Pedro Pinto porta avanti la sua battaglia per l’ambiente sia stato il primo ad adattarlo per proteggere le fonti d’acqua. “Ho gestito per anni i sistemi idrici del comune. Abbiamo visto che l’acqua comincia a scarseggiare in alcuni centri abitati”, spiega lui.

Secondo Pinto alla Labor non ci sono problemi perché molti anni fa sono stati acquistati cento ettari di terreno per proteggere il bacino idrico. Oggi quasi duemila ettari sono dedicati esclusivamente alla produzione di acqua, e a suo dire “sono intoccabili”.

In Honduras però le battaglie non mancano per persone come Pinto, che attualmente sta promuovendo la difesa di uno dei microbacini idrici del comune. Sostiene che un giudice, abusando della sua autorità, ha concesso lo sfruttamento dell’acqua a un’azienda, anche se in realtà la decisione spetterebbe ai comuni.

Il gigante verde

In Honduras, un paese pieno di brave persone ma impantanato nella povertà e nella violenza, proteggere la natura espone a rischi enormi. E farlo a Ocotepeque, una zona del paese dimenticata dai politici, forse è ancora più pericoloso. Ho chiesto a Pinto se si sente solo dopo tanti anni di lotta. “A volte sì, ma non ho mai avuto dubbi su quello che dovevo fare, perché questo è un patrimonio da difendere”, dice, mentre alle sue spalle, come un gigante verde, si erge l’imponente Güisayote.

L’ultima volta che l’ho sentito al telefono riceveva ancora minacce, ma non si ferma. Al termine della telefonata, ha detto che stava andando a spegnere un incendio appiccato da un piromane nella zona centrale del Güisayote. “Finisco di parlare con voi e poi vado”. ◆ fr

Biografia

1955 Nasce nei pressi della riserva naturale del monte Güisayote, in Honduras.
2004 Partecipa alle manifestazioni contro l’azienda canadese Maverick, che aveva ottenuto lo sfruttamento della riserva naturale.
marzo 2022 Viene assunto dall’Istituto nazionale di tutela forestale (Icf).
novembre Due veicoli di sua proprietà vengono incendiati e una persona investe suo figlio, forse per ritorsione contro alcune battaglie ambientaliste.


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Questo articolo è uscito sul numero 1517 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati