Charles Darwin aveva ventidue anni quando sbucciò una banana per la prima volta: “È dolce, un po’ nauseante e con poco sapore”, scrisse nel suo diario a Santiago, isola principale dell’arcipelago di Capo Verde, al largo della costa occidentale dell’Africa. In quei giorni il biologo naturalista, che alle banane preferiva le arance e i tamarindi, approfittò di ogni occasione per mangiare frutta tropicale dopo aver passato tre settimane orribili in mare.

All’inizio del viaggio a bordo del Beagle, che durò in tutto cinque anni, Darwin soffrì così tanto il mare che il capitano della nave pensò che lo scienziato sarebbe tornato nel Regno Unito appena arrivato a terra. Ma sull’isola, che chiamò St. Jago, si rimise in sesto e trascorse le sue prime ore passeggiando tra le palme, “ascoltando le note di uccelli sconosciuti e osservando nuovi insetti posarsi su fiori mai visti”.

La maggior parte dei viaggiatori che ripercorrono le orme di Darwin va alle Galapagos, dove intorno alla figura del naturalista si è sviluppata l’industria del turismo. È alle Galapagos che Darwin, secondo la leggenda, avrebbe “scoperto” la selezione naturale (in realtà la teoria prese forma a Londra dopo il suo ritorno, quando poté studiare gli esemplari di fringuelli e altri animali presi nell’arcipelago). Ma quando Darwin arrivò alle Galapagos, nel 1835, era ormai un naturalista esperto che aveva navigato quattro anni a bordo del Beagle.

Il Darwin giunto a Santiago il 16 gennaio 1832, invece, era alla sua prima esperienza lontano dall’Europa. L’arcipelago africano, che all’epoca era una colonia portoghese, fece emergere il suo talento scientifico. “Lì si accorse delle sue capacità e capì di voler contribuire al mondo della filosofia della natura”, ha scritto Janet Browne, biografa di Darwin.

Oggi Capo Verde è uno stato indipendente composto da dieci isole e dove abitano seicentomila persone che parlano creolo e portoghese. Di solito i turisti europei si dirigono verso Sal e Boa Vista, dove i resort si affacciano su spiagge con la sabbia bianca. I più avventurosi, invece, scalano il vulcano attivo a Fogo o festeggiano il carnevale a São Vicente.

Santiago, generalmente trascurata dai visitatori, è l’isola più popolosa dell’arcipelago. Architettura, musica e cucina mescolano le influenze portoghesi con quelle dell’Africa occidentale. A Praia, la capitale, ci sono mercati dove si può assaggiare la papaya e pasticcerie che vendono i pastel de nata, tipici dolci portoghesi.

Affascinato dalle rocce

Sono rimasto affascinato da Santiago fin da quando ho letto per la prima volta la storia di Darwin. Volevo vedere l’isola che lo aveva ispirato a diventare lo scienziato che celebriamo in tutto il mondo. Così nel marzo 2023 ho preso una stanza in un albergo nel centro storico di Praia. Dalla finestra vedevo un enorme mastino che abbaiava ai passanti da un tetto di tegole rosse, donne che vendevano fragole e schede telefoniche, uomini eleganti diretti verso gli edifici governativi e i passeggeri di una nave da crociera tedesca intorno alle loro guide.

Ansioso di osservare il luogo dove il Beagle aveva attraccato, mi sono avviato lungo la strada pedonale superando i café che servono cachupa (uno stufato di mais, fagioli e radici) e andando oltre le case coloniali, con le persiane colorate e le porte aperte che rivelavano scaffali pieni di prodotti locali e souvenir. Ho attraversato la piazza principale, dominata da una chiesa coloniale, fino a raggiungere una scogliera affacciata sul porto, con una statua del navigatore portoghese Diogo Gomes.

All’estremità orientale della baia oggi c’è un porto moderno. La Beagle aveva attraccato in un piccolo isolotto situato al centro, che Darwin aveva chiamato Quail island, che oggi è conosciuto come Ilhéu Santa Maria. Alcuni pescatori hanno accettato di portarmi fino all’isolotto. Mentre aprivano piccole vongole e mangiavano i molluschi crudi io osservavo le pozze di marea con tappeti di coralli rosa e verdi. È in pozze come quelle che Darwin trovò polpi che cambiavano colore e sembravano illuminarsi la notte. Scrisse a un suo mentore nel Regno Unito per illustrare la sua prima scoperta. In seguito seppe che le capacità mimetiche dei polpi erano già piuttosto note.

Nonostante i frutti tropicali che deliziarono Darwin, Santiago è in gran parte arida e inospitale, a parte alcune valli irrigate. “La natura qui è sterile, non c’è niente che rompa l’assoluta immobilità”, scrisse il biologo sottolineando che gli animali più comuni erano un passero e un martin pescatore con la testa grigia e le piume della coda di un blu acceso: “L’unico uccello dai colori brillanti che abbia visto”. Ne ho visti quasi ovunque a Santiago. Ma non furono gli animali di Santiago ad accendere in Darwin la passione per le origini delle specie. Era più incuriosito dalle rocce. “Al momento la geologia è il mio primo interesse e quest’isola mi permette di perseguirlo pienamente”, scrisse nel suo diario.

Con lo stesso spirito ho chiesto di farmi da guida a Jair Rodrigues, un geologo locale che mi ha detto di conoscere “tutte le strade di Capo Verde”. Abbiamo costeggiato il porto percorrendo avenida Charles Darwin, uno dei pochi omaggi al naturalista presenti nell’arcipelago.

Speculare sulle origini delle rocce di Santiago era piacevole come giocare d’azzardo

“I capoverdiani non conoscono molto Darwin”, mi ha spiegato Rodrigues. Aveva portato con sé un libro di António Correia e Silva, storico dell’isola che ha creato un “percorso Darwin” attorno a Praia.

La nostra prima tappa, però, non era indicata nel percorso: un complesso residenziale, mai terminato, sulla punta sudorientale di Santiago. Il quartiere, deserto, finiva su una scogliera con una pista ciclabile sotto una fila di lampioni che sembrava arrivata da Amsterdam. Abbiamo percorso un sentiero sulla scogliera. I nostri passi facevano precipitare la ghiaia giù verso le onde dell’Atlantico.

“Entrando nel porto, una striscia bianca perfettamente orizzontale davanti alla scogliera scorre per diverse miglia lungo la costa”, scrisse Darwin in Il viaggio del Beagle. I suoi professori gli avevano insegnato che le caratteristiche del terreno erano frutto di violenti cataclismi, ma a bordo del veliero, Darwin aveva letto i Principi di geologia di Charles Lyell, uno scozzese convinto che la Terra fosse stata modellata da processi graduali e costanti nel corso del tempo.

Gli studi di Lyell avevano spinto Darwin a considerare la natura come un accumulo di minuscoli cambiamenti graduali, una prospettiva che in seguito avrebbe influenzato il suo pensiero nello studio delle piante e degli animali. Quando Darwin sviluppò la sua teoria sull’origine delle specie non fece altro, scrisse, che “seguire l’esempio di Lyell in geologia”.

Darwin raccontò a un amico che speculare sulle origini delle rocce di Santiago era stato “piacevole come giocare d’azzardo”. Quella striscia bianca di roccia calcarea era stretta tra due strati più spessi di basalto e diventava particolarmente visibile sulla scogliera che Rodrigues mi ha mostrato. Darwin pensò che lo strato sottostante doveva essere sprofondato in mare dopo un’eruzione vulcanica, mentre il calcare si era accumulato progressivamente con la morte di piccole creature acquatiche fino a quando una nuova eruzione l’aveva sigillato sotto un secondo strato di basalto, prima che l’intera struttura riemergesse dal mare. In seguito Darwin scrisse che mettendo insieme i pezzi del puzzle si era “convinto dell’infinita superiorità delle teorie di Lyell”.

I nomi sulla corteccia

Rodrigues e io abbiamo guidato lungo tutta la costa meridionale di Santiago fino a Cidade Velha (Città Vecchia), prima città europea fondata nei tropici e dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Lì ci siamo seduti sulla veranda di un ristorante di pesce a abbiamo osservato i pescatori arpionare i tonni pinna gialla, gli stessi che stavamo mangiando al ristorante, cotti alla griglia.

Nella piazza principale, un gruppo di bambini stava intorno a un obelisco in memoria della tratta degli schiavi. I portoghesi, arrivati a Santiago nel quattrocento, usavano l’isola come tappa intermedia tra l’Africa occidentale e il Brasile. Darwin accenna allo schiavismo solo brevemente nel suo diario da Santiago, quando sospetta che uno “splendido scuna (un veliero a due o più alberi)” ormeggiato nel porto trasporti “schiavi di nascosto”. Rimase disgustato dalle crudeltà che vide in seguito in Sudamerica.

La strada principale di Cidade Velha sale fino alle rovine della più antica chiesa a sud del Sahara, dove sono ancora leggibili lapidi secolari. I pirati hanno saccheggiato ripetutamente Cidade Velha, tanto che nel 1770 i portoghesi decisero di trasferire la capitale a Praia, più facile da difendere. In un’antica strada secondaria chiamata rua Banana, abbiamo ammirato le tradizionali case di pietra. Da lì ci siamo diretti verso un villaggio dell’interno, São Domingos. Rodrigues ha parcheggiato sotto un enorme baobab, lungo una strada sterrata circondata da campi di canna da zucchero. I baobab hanno le foglie sui rami solo per pochi mesi all’anno, e quel giorno l’albero era spoglio, tranne che per alcuni frutti soffici e marroni. Il loro succo, chiamato calabaceira, è denso, vellutato e leggermente acido, ed è stata anche la mia parte preferita delle colazioni di Praia.

Nella corteccia dell’albero erano incisi i nomi di un’infinità di visitatori, una pratica che a quanto pare va avanti da secoli. Dopo essere passato da lì, Darwin scrisse che l’albero era “completamente ricoperto di iniziali e date, come quelli dei Kensington gardens”. Darwin aveva annotato le misure del baobab, quattro metri di diametro e nove d’altezza, e pensando a quei numeri scrisse che nemmeno “una fedele descrizione avrebbe potuto fornirne un’idea esauriente”. Scrisse anche di essersi perso cercando di raggiungere São Domingos. Quando trovò il villaggio rimase estasiato dalle palme da cocco, dalla guava, dalla canna da zucchero e dal caffè che crescevano nei campi: “Non riesco a immaginare un contrasto maggiore di quello tra questa rigogliosa vegetazione e gli scuri precipizi che la circondano”, scrisse. Darwin aveva incontrato venti giovani donne che indossavano turbanti e scialli dai colori accesi. Le donne si erano messe a danzare e “cantavano con grande energia una canzone selvaggia, battendo il tempo con le mani sulle gambe”.

Rodrigues mi ha portato in un ristorante con giardino chiamato Eco Centro. La cucina era chiusa, ma volevamo ammirare il panorama dal patio, affacciato sui tetti ondulati di metallo e sulle montagne oltre la valle. Il proprietario, Filomeno Soares, ci ha indicato un terreno recintato dove intendeva coltivare alcune specie locali raccolte da Darwin sull’isola. Inoltre stava preparando un nuovo menu con torta all’arancia e voleva organizzare esibizioni della danza osservata da Darwin, chiamata batuque.

Più felice di un bambino

Il ristoratore promuoveva le sue attrazioni “darwiniane” insieme a Marvela Rodrigues, un’imprenditrice di Praia decisa ad attirare i visitatori a Santiago oltre che nelle isole più turistiche come Sal e Boa Vista. “Qui non abbiamo resort tutto incluso”, mi ha spiegato Rodrigues. “Ci concentriamo su cultura e storia”.

Pochi mesi dopo la mia partenza, l’azienda di Rodrigues, Sandymar, ha piazzato delle insegne lungo il “percorso Darwin” indicato nel libro di António Correia e Silva. Ora, forse, i capoverdiani avranno nuove opportunità per scoprire la storia di quello strano inglese che tanti anni fa visitò la loro capitale.

Dopo tre settimane a Santiago, il capitano del Beagle non aveva dubbi sulla determinazione di Darwin. “È più felice di un bambino con un nuovo giocattolo”, scrisse. Darwin nel diario confessò di essere ansioso di ripartire: “Sono impaziente di osservare la vegetazione tropicale in ambienti più lussureggianti di questo”.

Quasi cinque anni dopo, quando il Beagle tornò a Santiago alla fine del suo viaggio, Darwin dedicò pochi paragrafi alla visita, incluso un omaggio al “nostro vecchio amico, il baobab”. Ma durante la stesura della sua autobiografia, ormai anziano, l’isola risplendeva ancora nella sua memoria: “Ricordo con precisione le scogliere di lava sotto cui riposavo, nel sole cocente, con strane piante del deserto che crescevano poco lontano e i coralli nelle pozze di marea ai miei piedi”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1548 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati