Kirill Krechetov ricorda bene il momento in cui ha trovato una busta bianca e rossa nella cassetta della posta. All’interno c’era una convocazione: l’indomani si sarebbe dovuto presentare all’ufficio di reclutamento locale. “Maledizione, ora dovrò andare in Ucraina”, ricorda di aver pensato. Al telefono mi racconta di essere subito scivolato in uno stato di terrore. Krechetov, 35 anni, è un operaio edile e padre di una bambina di due anni. Vive a Nižnij Novgorod, sette ore di macchina a est di Mosca. Parla rapidamente e mi chiede di non scrivere il suo vero nome, perché teme per la sua sicurezza. Dieci anni fa ha finito il servizio militare obbligatorio in un’unità speciale legata ai servizi segreti militari Gru. Oggi è un soldato scelto riservista. Alcune settimane prima di ricevere la lettera era già stato contattato attraverso l’app di messaggistica Viber: “Kirill Ivanovič, la stiamo aspettando, Krasnodarskij Krai, decima Brigata delle forze speciali Gru”. Krechetov aveva cancellato il messaggio. “So quanti dei nostri ragazzi stanno morendo in Ucraina”, racconta, aggiungendo di aver scoperto il numero reale grazie a Telegram. “In tv non fanno altro che mentire”.

Ma la busta con l’intestazione “corrispondenza militare” gli è sembrata molto più vincolante di un messaggio su Viber. Così si è presentato all’ufficio di reclutamento. Lo hanno portato davanti al capo, che gli ha chiesto come mai ci avesse messo tanto a venire. “Abbiamo bisogno di te”. A quel punto Krechetov si è ritrovato in mano un contratto in base al quale avrebbe incassato trecentomila rubli al mese, circa 4.500 euro. Una somma sette volte superiore al salario medio nella sua regione.

“Riempi il modulo”, gli ha ordinato l’ufficiale. “Puoi scegliere se servire per tre, sei o dodici mesi. Poi firma”. Krechetov ha scosso la testa. “Chi si prenderà cura della mia famiglia se torno a casa in una bara?”, ha chiesto all’ufficiale. I suoi genitori hanno più di settant’anni e sua madre è malata. Quando il militare ha capito che non lo avrebbe convinto, ha poggiato un foglio bianco sul tavolo e gli ha chiesto di mettere nero su bianco le ragioni per cui si rifiutava di combattere per la Russia. Solo dopo sarebbe potuto tornare a casa.

All’epoca Krechetov ha pensato che stessero convocando unicamente gli ex soldati delle forze speciali come lui. Ora però sa che molti altri abitanti di Nižnij Novgorod hanno ricevuto la convocazione per posta. “Scrivono a chiunque abbia svolto il servizio militare”.

La storia di Krechetov mostra fino a che punto l’esercito russo abbia bisogno di soldati. Le truppe del presidente russo Vladimir Putin hanno subìto pesanti perdite. Buona parte dell’esercito è coinvolto nell’offensiva: le forze di terra, i paracadutisti, l’aeronautica, la marina e la guardia nazionale. C’è urgente bisogno di forze fresche. I militari russi sono stati costretti a ritirarsi dalle regioni intorno a Kiev e Charkiv, ma in Donbass si affidano alle maniere forti per raggiungere gli obiettivi fissati. Decine di militari su entrambi i fronti sono uccisi ogni giorno nel contesto di una guerra d’attrito.

Il più normale possibile

Il reclutamento non avviene solo a Nižnij Novgorod, ma ai quattro angoli del paese: da Kaliningrad (l’exclave russa tra Polonia e Lituania) alla regione orientale di Amur. I riservisti russi sono almeno due milioni, anche se il numero esatto è segreto. L’esercito sta usando tutti i mezzi a sua disposizione per trovare rinforzi, allettando le potenziali reclute con offerte vantaggiose, ricorrendo alle minacce e simulando perfino una mobilitazione generale attraverso l’invio delle convocazioni, che alcuni, per ignoranza o per paura, interpretano come una chiamata alle armi obbligatoria.

Omsk, Russia, 17 giugno 2022 (Aleksei Malgavko, Reuters/Contrasto)

Tuttavia un reclutamento forzato può avvenire solo dopo una dichiarazione di mobilitazione generale da parte di Putin. Questo passo, però, sarebbe un’ammissione indiretta della debolezza di un esercito che prima dell’invasione era considerato largamente superiore a quello ucraino. Fatto ancora più importante, una mobilitazione generale avrebbe pesanti conseguenze sulla vita quotidiana dei russi, uno scenario che il Cremlino vorrebbe evitare a ogni costo. Il risultato è una sorta di mobilitazione nascosta. Nonostante una guerra in corso da quattro mesi, Mosca vorrebbe che la vita dei russi proseguisse nel modo più normale possibile. Finora le sue manovre hanno avuto successo: la maggioranza della popolazione, infatti, continua ad approvare “l’operazione militare speciale”, e non è particolarmente interessata a scoprire cosa stia facendo l’esercito in Ucraina. La morte e la distruzione sono negate e nascoste, mentre l’intero paese onora i caduti come eroi, premiandoli con medaglie postume e dedicandogli perfino alcune strade. Enormi manifesti li ringraziano definendoli “eroi della vittoria”.

Ma non si può dire che in Russia ci sia grande entusiasmo per la guerra in Ucraina. Questo aspetto è un problema per gli ufficiali incaricati del reclutamento, che a quanto pare devono raggiungere una quota minima di arruolati (com’è emerso da un documento ufficiale reso pubblico nella regione orientale di Transbajkal). Gli avvocati che si occupano di diritti civili sono convinti che Mosca abbia comunicato agli uffici il numero di persone che è necessario arruolare per la guerra. Per raggiungere gli obiettivi più rapidamente, il parlamento russo ha abolito il limite d’età massimo per i soldati a contratto, che è stato esteso da quaranta a 65 anni.

I termini del contratto proposto alle nuove reclute sono sorprendenti. La retribuzione è di almeno duecentomila rubli al mese (circa tremila euro), una somma un tempo riservata ai mercenari come quelli del Gruppo Wagner. Poi, a seconda del grado di specializzazione, del rango e dell’esperienza si può guadagnare anche molto di più, come dimostra il caso di Krechetov. Inoltre Putin ha stabilito che le famiglie dei soldati caduti riceveranno più di dodici milioni di rubli, circa 190mila euro.

È una strategia che sembra avere un certo successo, soprattutto nelle regioni periferiche. Secondo Sergej Krivenko, che guida l’organizzazione per la difesa dei diritti umani russa Citizen army law, le persone pronte a combattere sono molte. Davanti a diversi uffici di reclutamento si sono formate lunghe code, come nella città settentrionale di Čerepovec. Alcuni si sono perfino lamentati con Krivenko del fatto che l’esercito volesse metterli sotto contratto da agosto invece di arruolarli immediatamente. “La carne da cannone si presenta spontaneamente negli uffici dell’esercito”, spiega Michail Danilov, un sergente riservista che lavora come spedizioniere nella regione di Nižnij Novgorod e finora non ha risposto alle convocazioni anche se rischia una multa di 40 euro.

In una bara di zinco

Gli uffici di reclutamento della zona di Nižnij Novgorod accolgono soprattutto uomini “che vogliono guadagnare un po’ di soldi rapidamente”, spiega Danilov (anche lui mi ha chiesto di non scrivere il suo vero nome). Il sergente riservista racconta di essere ancora in contatto con molti ex compagni della sua brigata di Nižnij Novgorod, dove è stato formato un nuovo battaglione di soldati professionisti. “Gli uomini sono mandati in Ucraina e tornano in una bara di zinco. L’esercito perde quasi il 40 per cento dei soldati che impiega in battaglia”, sottolinea Danilov. Secondo gli esperti militari occidentali, le gravi perdite possono essere attribuite alla scarsa preparazione dei riservisti russi, che di solito non ricevono un addestramento regolare.

Da sapere
Arrivano i ceceni

◆ In mancanza di volontari pronti a partire per l’Ucraina, le milizie del dittatore ceceno Ramzan Kadyrov reclutano forze fresche intimidendo i cittadini, ricattandoli, torturandoli o minacciando di farli andare in prigione. Molti ceceni accettano di andare in guerra per salvare se stessi e le loro famiglie. Come spiega l’Organizzazione per i diritti civili cecena Vaifond, alla fine cedono perché è meglio rischiare di morire per un proiettile in Ucraina che sotto le terribili torture dei miliziani di Kadyrov. Il blogger dissidente ceceno Khasan Khalitov ha raccontato che suo fratello è stato rapito dalla polizia locale e spedito in Ucraina. Gli ufficiali incaricati delle operazioni di reclutamento usano anche i social network, su cui fanno circolare materiale propagandistico rivolto ai giovani. The Insider


Nella Baschiria, una repubblica russa situata tra le montagne degli Urali, l’esercito ha promesso un pagamento una tantum di quasi 3.800 euro, oltre alla generosa paga garantita. Nella capitale Ufa diverse centinaia di uomini hanno risposto alla chiamata. Nel frattempo altri potenziali combattenti sono incoraggiati per telefono a partecipare al conflitto. Tra questi c’è Nikita Juferev, che vive a San Pietroburgo. Alla fine di maggio, quando ha risposto a una chiamata da un numero sconosciuto, Juferev ha parlato con una donna che non conosceva. Gli ha detto di far parte dell’ufficio di reclutamento. “Ti offriamo un contratto per prestare servizio in Ucraina”.

Juferev, 34 anni, dipendente del partito liberale Yabloko, è rimasto così sorpreso dalla chiamata che ha semplicemente riagganciato. Quando ha richiamato quel numero, ha scoperto che tutti gli uomini in età da combattimento del suo distretto stavano ricevendo telefonate simili. Juferev le ha definite “chiamate a freddo”, come quelle delle compagnie telefoniche che offrono nuovi contratti. Oltre a questo ci sono gli annunci affissi sugli autobus e all’ingresso dei palazzi. “Il paese ha bisogno di qualcuno che lo difenda”, si legge sui manifesti. Sono stati usati anche uffici di reclutamento mobili: di recente i furgoni bianchi con la bandiera russa sono comparsi a San Pietroburgo. L’esercito cerca nuovi soldati professionisti anche nella città portuale settentrionale di Severomorsk e nella città siberiana di Novosibirsk.

Obbligo di leva

Le persone soggette all’obbligo di leva si trovano nella condizione peggiore. Più di 250mila reclute tra i 18 e i 27 anni sono arruolate ogni anno in due giornate specifiche. L’addestramento base per diventare sročnik (soldato) dura un anno. Quello con le armi viene completato generalmente in pochi mesi. Quindi i giovani sono distribuiti nelle diverse unità per completare la preparazione. All’inizio del conflitto Putin ha promesso che le nuove leve non sarebbero state inviate in una zona di guerra, ma molte sono state comunque trasferite in Ucraina e alcuni ufficiali sono già stati puniti per questo. Per Putin è un tema molto delicato, perché vorrebbe evitare di turbare le famiglie delle reclute.

Tuttavia, come succede sempre in Russia, le regole sono facilmente aggirabili, soprattutto quando riguardano soldati giovani e inesperti che non osano contraddire i superiori. Il numero di casi di reclute costrette a sottoscrivere un contratto dopo pochi mesi è in aumento. In base alla legge vigente, la firma è possibile dopo appena tre mesi. “La pressione psicologica e morale esercitata sui coscritti è enorme”, spiega l’attivista per i diritti umani Krivenko. “Sono completamente alla mercé dei comandanti”. Una forte pressione si registra in Buriazia, una repubblica situata sul lago Bajkal, a nord della Mongolia. La regione, grande quasi quanto la Germania, oggi conta il maggior numero di caduti in Ucraina del paese. Citando le fonti pubbliche, il portale indipendente Popolo del Baikal ha accertato 179 morti. In Buriazia si svolgono funerali di soldati rimasti uccisi in battaglia quasi ogni giorno.

Da sapere
La situazione sul terreno
fonte: financial times, liveuamap

Uno dei primi caduti è stato Aleksej Martynov, 19 anni, morto nei pressi di Kiev il 15 marzo. Di recente due giovani di 22 e 24 anni, Anatoliy Švezov e Aleksandr Batošapov, sono stati seppelliti nel loro villaggio. Avevano firmato il contratto con l’esercito ad aprile. All’inizio di maggio sono stati uccisi al fronte.

In Buriazia la mobilitazione nascosta è stata particolarmente intensa. L’esercito ha usato Viber per inviare offerte allettanti: paghe generose, prestazioni sociali e una pensione consistente. “Hanno chiamato tutti quelli che conosco dicendo: ‘Non vuoi partecipare anche tu all’operazione speciale?’”, racconta una donna residente in Buriazia che ha chiesto di mantenere l’anonimato. “Come se fosse un invito al bar”. Secondo alcuni resoconti, gli ufficiali dell’esercito sarebbero andati anche di porta in porta.

In Buriazia la paura è molto diffusa. Tutti sanno che è in corso una manovra di reclutamento, ma pochi osano parlarne apertamente, soprattutto con i giornalisti. Gli uomini della Buriazia tendono a evitare di lamentarsi e di sicuro non amano farlo in pubblico. “A causa della loro cultura ritengono le lamentele qualcosa di cui vergognarsi”, spiega Andrej Rintšino, legale della fondazione Buriazia libera. L’organizzazione si oppone alla guerra e sostiene i diritti dei buriati, che rappresentano appena il 30 per cento della popolazione locale e sono di etnia mongola. Rintšino racconta di essere stato contattato soprattutto dalle madri, dalle sorelle e dalle mogli dei soldati, che gli hanno chiesto consiglio.

Finora gli ufficiali dell’esercito hanno avuto un compito facile nella regione. La Buriazia è una delle aree più povere della Russia. I posti di lavoro scarseggiano, ma nella repubblica ci sono più di 25 basi militari. Sia i buriati sia i cittadini di etnia russa considerano la carriera militare una buona opportunità.

Da sapere
Tensione su Kaliningrad

◆La morsa dell’esercito russo continua a stringersi intorno a Severodonetsk: le forze di Mosca controllano ormai la maggior parte del centro urbano e negli ultimi giorni hanno conquistato diverse posizioni a sudest della città, quasi isolata dal resto del paese. Sugli altri fronti però l’arrivo degli armamenti pesanti forniti dall’occidente sta consentendo agli ucraini di colpire obiettivi sensibili: a Donetsk sono stati bombardati la stazione ferroviaria e alcuni depositi di munizioni, mentre nel mar Nero un attacco missilistico ha distrutto alcune piattaforme petrolifere occupate dai russi nel 2014, provocando una fuoriuscita di petrolio. Kiev sostiene di aver colpito anche l’isola dei Serpenti, in mano russa dall’inizio del conflitto. Oltre a quella su Cherson, l’esercito ucraino avrebbe lanciato un’altra controffensiva nella regione di Zaporižžja.

◆L’exclave russa di Kaliningrad, sede della flotta del mar Baltico, è diventata l’epicentro di una nuova crisi tra Mosca e la Nato. Il 18 giugno la Lituania ha vietato il transito verso il territorio ai beni coperti dal nuovo pacchetto di sanzioni approvate il giorno precedente dall’Unione europea contro Mosca, tra cui carbone, metalli, materiali da costruzione e tecnologie avanzate. Il governo russo ha reagito accusando Vilnius di violare un accordo del 2004 che garantisce i collegamenti ferroviari tra Kaliningrad e il resto della Russia, e ha avvertito che ci saranno “gravi conseguenze”. La Lituania fa parte della Nato, e un eventuale attacco contro il suo territorio comporterebbe l’intervento degli altri paesi dell’alleanza.

◆Dopo la recente riduzione dei flussi verso l’Europa, l’Agenzia internazionale dell’energia ha esortato i paesi europei a prepararsi all’interruzione totale delle esportazioni di idrocarburi dalla Russia, consigliando di rinviare lo spegnimento di alcune centrali nucleari. La Germania, l’Austria e i Paesi Bassi hanno annunciato piani per riattivare le centrali a carbone dismesse o aumentare la produzione di quelle ancora in funzione. Reuters


Secondo Rintšino, l’esercito usa il bastone e la carota nella ricerca di nuove reclute, ricorrendo a tutti i trucchi possibili. Gli ufficiali, per esempio, inviano convocazioni con la scusa di dover confermare i dati presenti negli archivi. “Quando gli uomini si presentano all’ufficio, gli promettono una vita emozionante e una montagna di soldi per convincerli a partecipare alla battaglia patriottica”, dice l’avvocato. C’è anche il caso di chi firma nella speranza di vendicare i familiari uccisi in Ucraina.

Gli uomini che hanno già prestato servizio di leva o hanno lavorato come soldati a contratto e non intendono andare in Ucraina rischiano la coercizione. L’esercito minaccia di apporre il timbro rosso di “traditore” sul loro documento d’identità. Ad alcuni viene detto che saranno trascinati davanti a un tribunale di guerra. “È una minaccia assurda”, commenta Rintšino. Eppure è successo.

Una nostra telefonata all’ufficio di reclutamento produce diversi inviti per un colloquio e una visita medica il giorno successivo. Una funzionaria ci dice che l’ufficio sta cercando uomini per una brigata corazzata. Quando le chiediamo se è possibile rescindere in anticipo un contratto e lasciare l’Ucraina, risponde: “Certo, non c’è problema”.

Ma in realtà le cose non sono così facili. Rintšino sa di 250 uomini che volevano lasciare la zona di guerra in anticipo. In base alle regole è necessario presentare una richiesta ai superiori con una spiegazione scritta, e di solito gli ufficiali sono poco comprensivi. Un giovane soldato di vent’anni ha dovuto discutere con sei ufficiali e funzionari dei servizi segreti dell’Fsb dopo aver inoltrato la sua richiesta. Ora non vuole più parlare di un possibile ritorno a casa.

In ogni caso, secondo l’avvocato di Buriazia libera, l’alto numero di morti sta lentamente modificando l’opinione delle persone. Molti abitanti della regione sostengono che Mosca stia sacrificando le vite dei soldati buriati al fronte. I monaci di alcuni monasteri buddisti invitano le famiglie a “riportare a casa i loro figli”.

A Nižnij Novgorod, intanto, Krechetov ha ricevuto altri messaggi, tra cui uno da un ex compagno del servizio di leva. “Vieni qui, dove sei?”, c’era scritto. Krechetov ha chiesto dove sarebbe dovuto andare. La risposta è stata: “A Mariupol”.

Durante la leva Krechetov ha fatto parte di un gruppo di undici soldati nelle forze speciali. Oggi tutti stanno combattendo in Ucraina, tranne lui.

Secondo Krechetov gli altri non hanno molto da perdere. Non hanno famiglie e hanno bisogno di soldi. “Sono ancora vivi. Per ora”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1466 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati