Nel Queens, uno dei distretti di New York, è un normale giovedì mattina. Il terminal C dell’aeroporto La Guardia accoglie un flusso consistente di viaggiatori: alcuni hanno l’aria stanca e la maggior parte ha bagagli pesanti. Tutto procede come al solito, fino a quando una parte di loro si avvicina a una fila molto più corta delle altre. Si presentano uno alla volta davanti a una postazione dove un tablet gli scatta una foto sotto l’occhio vigile di un agente della sicurezza. Nel giro di pochi secondi la foto appena scattata è abbinata a un’altra conservata su un database del governo statunitense. Subito dopo accedono al terminal delle partenze senza aver dovuto esibire un documento d’identità o una carta d’imbarco.

Questo sistema di controllo basato sul riconoscimento facciale è disponibile per un gruppo di viaggiatori all’aeroporto La Guardia, su iniziativa della compagnia aerea Delta e dell’Agenzia statunitense per la sicurezza nei trasporti (Tsa): è solo uno degli esempi di applicazione della tecnologia biometrica, che usa identificatori unici, come le impronte digitali.

Secondo Henry Harteveldt, della Atmosphere research, una società di consulenza per il settore dei viaggi, si sta avvicinando “una svolta decisiva” e la biometria negli aeroporti ben presto potrebbe servire per i controlli di sicurezza o per la registrazione dei bagagli, che si potranno fare con il riconoscimento facciale. “Contribuiremo a ridurre i tempi d’attesa e lo stress dei viaggiatori”, aggiunge Harteveldt. Un numero sempre maggiore di aeroporti negli Stati Uniti e nel mondo sta installando postazioni biometriche ai gate e agli sportelli dei controlli di sicurezza. Secondo gli esperti l’uso di queste tecnologie potrebbe semplificare la vita ai passeggeri e farli viaggiare più sicuri, ma solleva alcuni interrogativi sulla privacy e l’etica.

Morgan Klaus Scheuerman, ricercatrice dell’università del Colorado, che studia gli aspetti etici dell’intelligenza artificiale e dell’identità digitale, spiega che l’uso della biometria negli aeroporti solleva diversi dubbi: come sono addestrati e valutati i sistemi di controllo? La scelta di non aderire avrebbe conseguenze negative per i passeggeri? Cosa succede se le foto sui documenti non coincidono con l’aspetto attuale di una persona?

La Tsa propone ai viaggiatori che considera “a basso rischio” di aderire al programma PreCheck: per partecipare serve un incontro di persona per far registrare a un’azienda privata i propri documenti e le proprie impronte digitali, oltre a una verifica biometrica. Finora il programma ha permesso di ridurre i tempi d’attesa per i controlli di sicurezza, ma ogni tanto i viaggiatori sono costretti a lunghe file al gate.

File più rapide

La Tsa sperimenta la tecnologia per il riconoscimento facciale dal 2019. Lo screen­ing si attiva quando il dispositivo fotografa il viaggiatore ai controlli di sicurezza. A quel punto un software per il riconoscimento facciale confronta l’immagine con la foto scansionata del documento d’identità. La Tsa assicura che le foto scattate in aeroporto sono cancellate subito dopo.

Questa tecnologia potrebbe essere usata per seguire un individuo ovunque creando un mosaico dettagliato della sua vita

Melissa Conley, dirigente della Tsa, afferma che la biometria è più efficace degli esseri umani nel confrontare rapidamente i volti con le foto dei documenti d’identità: “Le persone non sono brave ad abbinare i volti. Le macchine invece sì, e soprattutto non si stancano”.

Al momento i passeggeri devono ancora mostare la carta d’identità, ma con un programma sperimentale creato dalla Delta, il Delta digital id, chi aderisce al PreChek può usare il proprio volto sia per imbarcare i bagagli sia per i controlli di sicurezza.

Secondo Greg Forbes, direttore del settore “esperienza aeroportuale” della Delta, il riconoscimento facciale abbrevia le procedure di consegna del bagaglio di almeno un minuto e permette di ridurre le interazioni ai controlli di sicurezza di circa quindici secondi. Il totale del tempo risparmiato, moltiplicato per il numero dei viaggiatori in transito, si traduce in una consistente accelerazione delle file, spiega Forbes. Altre compagnie aeree hanno avviato esperimenti simili destinati ai viaggiatori che aderiscono al PreChek. Le nuove macchine saranno in grado di scansionare le etichette dei bagagli. Gestito dalla Customs and border protection agency (Cbp), il sistema biometrico è attivo per i passeggeri che entrano negli Stati Uniti: l’anno scorso ha gestito 113 milioni di ingressi. Per chi lascia il paese, il sistema è disponibile solo in 49 aeroporti, ma la Cbp intende coprire tutti gli scali internazionali entro il 2026. Il riconoscimento biometrico in entrata negli Stati Uniti è obbligatorio per i cittadini stranieri, mentre in uscita è ancora opzionale in attesa che il sistema diventi del tutto operativo.

L’esperienza cinese

Diane Sabatino, dirigente della Cpb, ribadisce che il sistema serve a migliorare la sicurezza, ma ammette che le preoccupazioni per la privacy sono legittime. Sabatino spiega che le fotografie dei cittadini statunitensi sono cancellate nel giro di dodici ore, mentre quelle degli stranieri sono conservate per 75 anni. “Non usiamo il sistema per identificare le persone nella folla”, garantisce Sabatino. “Non abbiamo intenzione di chiedere ai passeggeri di sacrificare la loro privacy in nome della nostra comodità”.

L’aeroporto internazionale di Miami, che nel 2023 è stato il secondo più frequentato nel paese dai passeggeri stranieri, è tra quelli che si affidano di più alla biometria. Ci sono macchinari per il riconoscimento automatico in 74 gate su 134, e gli altri sessanta saranno installati entro la fine del 2024. È una tecnologia costosa, ma riduce il numero di dipendenti che controllano i documenti.

Gli esperti credono che in futuro il riconoscimento facciale sarà usato durante l’intera permanenza in aeroporto, dal deposito bagagli all’imbarco, passando per le sale d’attesa e i negozi. La semplificazione delle procedure potrebbe causare l’eliminazione delle postazioni per i controlli di sicurezza, sostituite da “tunnel” in cui i passeggeri cammineranno mentre i computer verificano la loro identità.

“È il futuro”, assicura Sheldon Jacobson, professore di scienze informatiche dell’università di Illinois Urbana-Champaign ed esperto di sicurezza aerea. Secondo un rapporto di Sita, un’organizzazione statunitense che si occupa di trasporto aereo e tecnologia, basato sull’analisi di 383 aeroporti e 292 compagnie aeree, entro il 2026 il 70 per cento di quest’ultime userà, l’identificazione biometrica, e il 90 per cento degli aeroporti sta investendo in questa tecnologia. Entro la fine dell’anno all’aeroporto Changi di Singapore non sarà più necessario mostrare il passaporto in uscita dal paese. Tutti i passeggeri potranno usare i sistemi biometrici. All’aeroporto di Francoforte, in Germania, i viaggiatori usano il riconoscimento facciale dal check-in fino all’imbarco. L’aeroporto sta installando sistemi per l’analisi biometrica in tutti e due i terminal, mettendoli a disposizione di tutte le compagnie aeree.

In Cina 74 aeroporti, l’86 per cento di quelli internazionali, usano questo tipo di tecnologia, conferma un rapporto della società d’analisi globale Euromonitor e della U.S. Travel association. All’aeroporto internazionale di Pechino, il più trafficato del paese, i viaggiatori possono usare il riconoscimento facciale durante l’intera durata del viaggio, anche per pagare nei negozi duty-free. Negli Stati Uniti, continua il rapporto, solo il 36 per cento degli aeroporti internazionali si affida a sistemi biometrici.

Secondo Kevin McAleenan, ex segretario del dipartimento per la sicurezza nazionale e attualmente amministratore delegato della Pangiam, un’azienda specializzata nella tecnologia per i viaggi, ci sono diversi motivi dietro il ritardo degli aeroporti statunitensi. Il primo è che gli scali sono tanti, con un processo di controllo alle frontiere diverso rispetto agli altri paesi, dove spesso le procedure d’uscita sono gestite dal governo, e questo consente l’uso di un sistema biometrico interamente statale. Negli Stati Uniti, invece, sono le compagnie aeree a identificare i passeggeri in uscita, appoggiandosi ai dati della Cbp.

Una rete di sorveglianza

La biometria ha già fatto il suo ingresso nella vita quotidiana. Molti di noi sbloccano i telefoni attraverso il riconoscimento facciale. Ma c’è chi sostiene che la comodità garantita dalle nuove tecnologie nasconda il rischio di abusi, dalla sorveglianza sfrenata alle conseguenze indesiderate come la discriminazione razziale o di genere. Cody Venzke, consulente per la privacy e la tecnologia dell’American civil liberties union (Aclu), ritiene che non esista una necessità reale di introdurre il riconoscimento facciale negli aeroporti, che potrebbe essere “la base su cui costruire una rete di sorveglianza governativa. Questa tecnologia potrebbe essere usata per seguire ovunque un individuo durante la giornata, creando un mosaico dettagliato della sua vita”. L’Aclu sostiene una proposta di legge presentata a novembre chiamata Traveler privacy protection act, che risponderebbe ai timori sulla sicurezza e sulla discriminazione razziale bloccando il programma della Tsa e rendendo necessaria un’autorizzazione del congresso per la reintroduzione del sistema.

Conley, il dirigente della Tsa, pensa che fermare lo sviluppo della biometria negli aeroporti riporterebbe il paese “indietro di anni”.

Brad Mossholder, che viaggia spesso da New York a San Diego per lavoro, è abituato ai viaggi in aereo e ha usato diverse volte il riconoscimento facciale, trovandolo più rapido e semplice dei metodi tradizionali. Non si preoccupa troppo della privacy: “La mia foto è su LinkedIn e su milioni di siti”, ha sottolineato. “Se qualcuno vuole trovare un’immagine del mio volto non deve faticare troppo”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1566 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati