Cultura Schermi
Madres paralelas
Penélope Cruz, Milena Smit
Spagna 2021, 120’.
Madres paralelas (Pathé Films)

Madres paralelas

La fotografa di moda Janis (Penélope Cruz) sta per partorire. In ospedale fa amicizia con Ana (Milena Smit), un’adolescente privilegiata che considera la sua gravidanza indesiderata una tragedia tanto quanto Janis la considera una gioia. Partoriscono contemporaneamente, e molto presto le loro vite s’intrecceranno in modi fin troppo prevedibili per chi ha familiarità con il melodramma. Due anni dopo Dolor y gloria, che molti pensavano (o temevano) fosse un biglietto d’addio, Pedro Almodóvar ha smentito gli apocalittici. Il suo è un film più ruvido e meno coeso dei precedenti, ma che forse offre qualcosa di ancora più eccitante: il lavoro di un artista che, arrivato all’apice del suo mestiere, si domanda: “Cosa c’è dopo?”. In questo caso la risposta è una coscienza politica, un attivismo inedito per Almodóvar. Che però mentre riflette sull’eredità della guerra civile spagnola, dimostra di non aver cambiato musica. Semmai ha alzato il volume. Madres paralelas _parla ancora di madri, modelle e ricchi madrileni, ma gli spara in faccia la dura luce del mondo reale. _Ben Croll, The Wrap

È stata la mano di Dio
Filippo Scotti, Toni Servillo
Italia 2021, 130’.

È stata la mano di Dio

ci porta a Napoli, nel 1984, quando l’arrivo di Maradona è atteso come l’avvento del Messia. L’adolescente Fabietto (Filippo Scotti) si divide tra due ossessioni: il Napoli e le forme della zia Patrizia (Luisa Ranieri). Il resto della famiglia non è meno interessante, a partire dai genitori, interpretati da una splendida Teresa Saponangelo e da un sempre superbo Toni Servillo (e la rivelazione Scotti tiene testa a entrambi). Il romanzo di formazione cinematografico del giovane Fabietto procede tra piccoli drammi tipici della crescita, finché la vita (anzi la morte) non interviene a sconvolgere ogni cosa e spingere Fabietto verso il futuro. Anche per Paolo Sorrentino questo film sembra inaugurare un nuovo capitolo: un regista che si confronta con un trauma del passato per guardare avanti. Con nuove note stilistiche. E Maradona? Pietra miliare per i sognatori, ha messo in moto il viaggio artistico di Sorrentino, che culmina in uno splendido affresco di quella festa colorata e crudele che è la vita. **Raphael Abraham,
Financial Times
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Spencer
Kristen Stewart
Cile / Germania / Regno Unito / Stati Uniti 2021, 107’.

Spencer

Il film racconta tre difficili giorni nella vita di Diana Spencer (Kristen Stewart) durante le vacanze di Natale del 1991 nella tenuta reale di Sandringham. Pablo Larraín ha descritto questo lavoro come “una favola al contrario”. Partendo da una sceneggiatura di Steven Knight (Locke, Peaky Blinders), il regista cileno ritrae Diana come una martire dell’upper class, un’equivalente moderna della sventurata Anna Bolena. Larraín e Knight si sono presi enormi libertà: “Ora vattene, voglio masturbarmi”, dice perentoria Diana a una cameriera. Non è una battuta che si sente spesso in un dramma sulla famiglia reale britannica. I disturbi alimentari di Diana sono affrontati esplicitamente, la vediamo sia vomitare sia provocarsi lesioni. Alcuni momenti potrebbero far pensare a un film lascivo e voyeuristico, con una mentalità da tabloid. Ma è il contrario. È poetico ed elegiaco. L’interpretazione febbrile di Kristen Stewart e il lirismo di Larraín danno al film una spinta emotiva che mancava a tutte le altre raffigurazioni di Diana Spencer.
_Geoffrey Macnab,
Independent
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Il buco
Il buco (Rai cinema)

Con un’andatura lenta e meditativa, Il buco racconta la spedizione di un gruppo di speleologi che nel 1961 esplorarono un sistema di grotte in una remota area sui monti del Pollino. Mentre gli speleologi scendono in profondità, un pastore locale vive gli ultimi mesi della sua vita. In mezzo al caos veneziano è stato piacevole lasciarsi trasportare nel “buco” del titolo, vedere i giovani speleologi e il vecchio pastore, ascoltare il rumore del vento tra gli alberi. Non posso dire con certezza di aver capito il film fino in fondo, ma non fa niente. Come un antropologo discreto, Frammartino non interferisce: si limita a “registrare” e fa sembrare un privilegio l’atto della semplice osservazione. Xan Brooks, The Guardian

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1426 - 10 settembre 2021
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