Capita che St. Vincent esageri nella cura dei dettagli, racconti storie strane e si lasci trasportare dal guardaroba, ma il suo lavoro è sempre carico di un’emotività sincera. Nel nuovo album, ispirato agli anni settanta, tra baveri generosi e sguardi annebbiati nascosti da occhiali fuori misura, contempla il rapporto con il padre. Accompagnata dal mormorio di un organo Wurlitzer, fiati e ritmiche soul, riflette su un genitore assente, che suona tutto il giorno e cucina al microonde per ogni pasto. Il tormento non se ne va mai in queste canzoni e, anche se non parlano tutte di rabbia intergenerazionale, St. Vincent ha scelto il titolo pensando al suo vero padre, che è uscito dal carcere nel 2019. In Daddy’s home il funk e il soul prendono il posto del synth rock e del prog pop dei precedenti lavori, e nell’attenzione ai particolari la produzione, curata insieme a Jack Antonoff, è decisamente ispirata. Se in altri momenti la sua opera da brillante chitarrista risultava più minacciosa, qui St. Vincent si concede un andamento calmo e melodioso. Musica per mattinate confuse e reginette sfatte. Kitty Empire,
The Observer
Anche un uomo implacabilmente contrario al confinamentocome Van Morrison, che ha passato il 2020 a far uscire canzoni che sminuivano la scienza, sfottevano la gente che portava la mascherina e descrivevano il governo come una massa di “bulli fascisti”, deve ammettere che il lockdown ha avuto i suoi vantaggi. Dopo tutto gli ha dato il tempo di scrivere il materiale per Latest record project volume 1, un’opera di più di due ore, composta da 28 pezzi, che gli permette di esplorare più a fondo che mai la sua visione del mondo. Un lavoro che replica l’esperienza di ritrovarsi a pranzo dai propri genitori per scoprire che, oh mio dio, hanno invitato anche Brian, il vicino di casa antipatico e pieno di risentimento che dopo due drink sciorina il suo repertorio: i social network sono roba da idioti (Why are you on Facebook?); la musica di oggi fa schifo ed è tutta fatta con il computer (Where have all the rebels gone?); la maggior parte di quei cosiddetti dottori non sa neanche di cosa sta parlando (Psychoanalysts’ ball); dite quello che volete su di lui ma Nigel Farage è un uomo di parola (Double bind). Questo è un album da ascoltare mentre, metaforicamente, ci spostiamo il cibo sul piatto e ci mordiamo la lingua per non rispondere a Brian. Alexis Petridis, The Guardian
Probabilmente ascoltiamo molta nuova musica bella nel corso di un anno, ma quanta è veramente eccitante e così innovativa che puoi dire di non aver mai sentito niente di simile? I britannici Sons of Kemet rientrano in questa categoria. Il quartetto guidato dal sassofonista Shabaka Hutchings è insieme ormai da un decennio. Nella loro musica i ritmi d’ispirazione africana e caraibica s’incrociano con un desiderio costante di fare ricerca, di arrivare in luoghi imprevisti attraverso la psichedelia e di lanciare forti messaggi politici a difesa della cultura nera. Ad aggiungere intensità a Black to the future ci pensano le voci degli ospiti, come il rapper Kojey Radical e la cantante Lianne La Havas, che arricchiscono il brano Hustle. I pezzi strumentali sono altrettanto accattivanti: l’interazione tra Shabaka Hutchings e il suonatore di tuba Theon Cross, in brani come Throughout the madness, stay strong e In remembrance of those fallen, è alimentata da percussioni ardenti. Black to the future, il quarto album dei Sons of Kemet, espande i concetti che sono emersi per la prima volta nello straordinario Your queen is a reptile del 2018, ma con ancora più forza e urgenza espressiva.
Jeff Tamarkin,
JazzTimes
Leonard Bernstein era un insuperabile direttore di Stravinskij, sicuramente migliore anche del compositore stesso. Tra le sue registrazioni per la Columbia, riunite qui, c’è un certo numero di esecuzioni di riferimento, come quelle di Petrushka, L’uccello di fuoco, La sagra della primavera e Oedipus rex, tutte sbalorditive. Le registrazioni storiche del 1947 dell’Histoire du soldat e dell’ottetto completano il box, e non hanno mai avuto un suono migliore. Questa è una raccolta essenziale. David Hurwitz, ClassicsToday
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