Cultura Schermi
Happy holidays
Manar Shehab, Wafaa Aoun
Palestina / Germania / Francia / Italia / Qatar 2024, 167’. In sala
Happy holidays (dr)

Il film del regista palestinese Scandar Copti è un dramma familiare penetrante e realistico, i cui punti di svolta rivelano profonde dimensioni culturali e politiche legate a genere ed etnia. Segue un gruppo di personaggi – arabi ed ebrei – per comporre un ritratto sfaccettato della vita ad Haifa, in Israele. Al centro della trama tentacolare c’è una famiglia araba apparentemente unita, ma i segreti che in realtà dividono i suoi componenti evidenziano una cultura fatta di silenzio, vergogna, pressione sociale e pregiudizi dilaganti. Durante la festività ebraica del Purim la famiglia è riunita da un incidente stradale, in cui la figlia Frida, o Fifi (Manar Shehab), riporta solo lievi ferite. Le vite e il futuro dei personaggi sono messi a fuoco in modo netto e inflessibile, uno per uno, in quattro diversi capitoli. Il primo è incentrato sul fratello di Fifi, Rami (Toufic Danial), la cui fidanzata ebrea Shirley (Shani Dahari) ha deciso di non abortire. Per la ragazza, che sarà protagonista del terzo capitolo, questo significa dover affrontare le pressioni familiari a causa dell’etnia per metà araba del nascituro, in particolare l’ostilità preconcetta della sorella Miri (Merav Mamorsky) nei confronti di Rami. Le difficoltà finanziarie del padre di Rami e Fifi mettono sotto pressione la madre Hanan (Wafaa Aoun) che vuole assicurarsi che il matrimonio della figlia maggiore si svolga nel modo migliore possibile. Per questo insiste con Fifi perché presenti all’assicurazione un referto medico, facendole così esporre la sua storia clinica, che lei vorrebbe tenere privata. La storia di Fifi, forse la più intrigante, è tenuta per ultima. Il silenzio in Happy holidays vale più di mille parole, dalle tensioni che si creano sul non detto alla silenziosa accettazione delle norme sociali su ciò che ci si aspetta che i personaggi facciano come arabi che vivono in Israele.
Siddhant Adlakha, Variety

The end
Tilda Swinton, George MacKay, Michael Shannon
Danimarca / Germania / Irlanda / Regno Unito / Svezia / Stati Uniti 2024, 148’. In sala
The end (dr)

Oppenheimer è stato giustamente elogiato per i suoi precedenti lungometraggi, The act of killing e The look of silence, due documentari straordinariamente audaci per il modo in cui affrontano il genocidio in Indonesia. Anche The end è nato come documentario su un magnate del petrolio impegnato a convertire un ex complesso sovietico in Repubblica Ceca in un rifugio per la sua famiglia. Dopo aver visto il bunker, però, Oppenheimer si è fissato con l’idea di filmare la famiglia dopo che aveva vissuto venticinque anni nel bunker. In assenza di una vera apocalisse, e anche per non dover aspettare venticinque anni, il regista si è deciso a trasformare il tutto in una storia di finzione. La trama di questo musical (un genere che si sposa bene con i temi della negazione e dell’illusione) è semplice: una famiglia di privilegiati ha vissuto sottoterra per anni insieme al maggiordomo e al medico mentre in superficie il mondo brucia in seguito a una catastrofe non specificata. Poi, per la prima volta da chissà quando, arriva una sconosciuta. Tutto qui. Anche se, a seconda della vostra percezione e del vostro entusiasmo (ce ne vuole visto che il film dura quasi due ore e mezza) si affrontano tanti grandi temi come il perdono, la memoria, l’amare e il vivere. Il film è insieme avvincente e piatto. Sembra mancare l’ingrediente inafferrabile per parlare di un capolavoro, ma non dovremmo sorprenderci se, tra un paio di decenni, qualcuno lo considerasse tale.
Nick Howell, LondonEvening Standard

Di là dal fiume e tra gli alberi
Liev Schreiber, Matilda De Angelis
Regno Unito 2022, 105’. In sala

Il romanzo di Ernest Hemingway da cui è tratto il film, forse il più autobiografico, è materiale complesso. Il biografo dello scrittore, S.F. Anderson, diceva: “È come un’intervista alla leggenda di Hemingway”. Difficile trasferirlo sullo schermo. Paula Ortiz e lo sceneggiatore Peter Flannery non ci sono riusciti, ma c’è una certa nobiltà in questo fallimento. Il film comunque ha il suo fascino, oltre l’ambientazione veneziana: Schreiber con l’età è sempre più affascinante, Matilda De Angelis è radiosa.
Bilge Ebiri, Vulture

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1621 - 4 luglio 2025
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