Cultura Libri
Ai margini del sogno
208 pagine, 16,00 euro

Henry Banks è appena diventato il protagonista del nuovo film di Miguel García. Dopo sei anni in The grange, una serie tv britannica in stile Downton Abbey guardata in tutto il mondo, Henry sperava di passare al grande schermo. La parte di Mike, un veterano della guerra in Iraq segnato dalle battaglie, nel nuovo film dell’autore spagnolo potrebbe essere il segno che finalmente ce l’ha fatta. Nel frattempo Kristin, appena divorziata, ciondola nella sua bella casa a Filadelfia, guardando le repliche di The grange e scrivendo fantastiche lettere d’amore a Henry sulla loro futura vita insieme che lei sigilla con piccoli adesivi a forma di farfalla e invia al suo agente a Londra. I due personaggi – lei ossessionata dal famoso giovane attore, lui ossessionato esclusivamente da se stesso – incarnano le ironie e la realtà sconvolgente della vita moderna. Un tempo in cui il luminoso mezzo di trasporto della tecnologia ti consente di sfuggire al dolore o alla noia semplicemente tirando fuori di tasca il telefono, offuscando i confini tra realtà e finzione. Ai margini del sogno è un romanzo attualissimo che si occupa di fama, social network, successo, fallimento e fissazione. Foulds ricorre ancora una volta alla sua acutezza psicologica per mostrare personaggi legati a vite claustrofobiche da cui desiderano ardentemente fuggire. Kristin vuole lasciarsi alle spalle una vita vuota e unirsi a Henry (che ha incontrato una volta, brevemente, in un aeroporto) per vivere con lui un brillante futuro. Henry, nel frattempo, avverte un’ansia scalpitante nell’ingranaggio della sua vita e desidera fuggire nel mondo del cinema, della fama e di una sorta d’immortalità. Ma la fama, come riconosce, è sia una gabbia sia un rifugio dal mondo. Mentre l’ansia esistenziale di Henry è attentamente esplorata – è abbastanza bravo? è migliore di altri attori? cosa significa il successo? a chi frega? – la motivazione di Kristin è meno chiara. Un difetto minore in un romanzo altrimenti lucido, ricco di dettagli e di tensione.
Carl Wilkinson, Financial Times

Un ca**o ebreo
176 pagine, 16,00 euro

Il romanzo in forma di monologo ha una tradizione illustre, ma la forma insolitamente impegnativa che ha scelto Katharina Volckmer per il suo esordio è forse più strettamente associata allo scrittore austriaco Thomas Bernhard, le cui opere ermetiche e cariche di invettive ipnotizzano e soffocano in egual misura. Non bisogna stupirsi, quindi, se tutte le recensioni di Un ca**o ebreo fanno paragoni con Bernhard, considerate anche le origini tedesche dell’autrice. Allo stesso tempo, il libro rappresenta una lotta per liberarsi dalle proprie radici nazionali contaminate, perché la protagonista, come Volckmer, è una tedesca che vive a Londra e ha scritto un romanzo in inglese. Dopo poche pagine, la narratrice descrive la testa del dottor Seligman tra le sue gambe. Le cose si chiariscono abbastanza presto: è al suo ginecologo ebreo che è rivolto il monologo. Nel corso di poco più di centocinquanta pagine, il flusso di discorsi della donna vaga da una disquisizione sul pane secco tedesco e i suoi effetti deleteri sul sesso orale alle speculazioni sui sentimenti d’inadeguatezza repressi di Adolf Hitler. Ci sono momenti in cui il dottor Seligman sembra intervenire, ma le sue parole non sono mai riprodotte sulla pagina, leggiamo solo le risposte della protagonista alle sue domande occasionali. L’elegante costruzione di Volckmer non attira mai l’attenzione sul suo uso abile dei meccanismi letterari; le descrizioni fisiche del dottor Seligman e del suo studio e le informazioni sugli altri personaggi si accumulano in modo naturale, senza dare un’impressione di artificio. Allo stesso modo, le frasi semplici di Volckmer raramente impressionano ma neppure distraggono, e l’allegra provocazione che si coglie non è mai al servizio del nichilismo disinvolto o dell’amoralità. A ben vedere questo è un libro profondamente morale, che sotto i sarcasmi al vetriolo e i discorsi sessuali molto espliciti si occupa del trauma storico dell’Europa contemporanea, dell’oppressione dei ruoli di genere e della responsabilità personale nei confronti del passato. Seth Katz,Slant Magazine

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1392 - 15 gennaio 2021
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