Cultura Suoni
Don’t tap the glass
Tyler, the Creator (Columbia)

Senza clamore e senza farsi attendere a lungo, Tyler, the Creator ha pubblicato a sorpresa il suo nono album in studio, Don’t tap the glass, nelle prime ore del 21 luglio. Il disco, composto da dieci brani, segue il visionario Chromakopia del 2024. Se in quel lavoro esplorava identità passate e la fragilità del successo, qui Tyler si toglie le maschere e abbraccia un’estasi liberatoria. “Si tratta solo di essere di nuovo me stesso. Più forte, più libero. Questo disco non è fatto per stare fermi: ballare, guidare, correre. Qualsiasi movimento aiuta a coglierne lo spirito”, ha spiegato. Il progetto nasce come risposta al piacere istantaneo filtrato dagli schermi. Conserva un conflitto interiore, ma l’album si muove tra euforia e libertà, lungo il continuum della musica nera da club. Dai sintetizzatori di Big Poe, che rievoca Busta Rhymes e Pharrell, all’odissea soul Sucka free che richiama Marvin Gaye, fino al funk elegante di Ring ring ring, ogni pezzo è un viaggio. Don’t tap the glass rifiuta la serietà per un’esplosione di colore e corpo in movimento. Con il brano finale, Tell me what it is, Tyler torna all’introspezione, lasciando tutto in sospeso. Ma una cosa è chiara: questo disco è un rientro al punto di partenza. E il divertimento è assicurato.
Shahzaib Hussain, Clash

Dog eared
Billie Marten (Frances Carter)

Questo disco è un ritorno crudo e riflessivo al celebre indie-folk permeato di jazz di Billie Marten. Viaggiando tra storie ed emozioni, la scrittura di Marten è personale ma universale. Feeling si apre con un’ode solare all’innocenza, alla natura e alla memoria, mentre c’immergiamo in una nuova era: “Spazza le foglie e taglia l’aria”. L’atmosfera folk s’interrompe momentaneamente in Crown, dove la batteria incontra delicati sintetizzatori e immagini del gatto in giardino si traducono in eteree melodie illuminate dal sole. In No sudden changes, Marten ricorda a un amante la sua presenza: “Sono la polvere nella brezza / sono quella che ti tira le maniche”. L’iniziale dolcezza di Goodnight Moon offusca la memoria di una relazione passata come una pellicola cinematografica. Infusioni jazz e campane a vento sono frammenti sparsi di magia. I morbidi sintetizzatori di The glass cedono il passo a ronzii distorti, mentre la voce di Billie Marten guida il brano, anche con la frequenza leggera di una piuma. Swing segna un’ultima celebrazione della nostalgia. Nonostante i travolgenti rintocchi industrial e i bassi potenti che si sentono all’inizio, i violini sinuosi rispecchiano la bizzarra gioia di un parco giochi. Dog eared è una raccolta di canzoni da rivisitare, riscoprire e custodire gelosamente.
Juliette Pepin, The Skinny

Salieri: Cublai, gran kan de’ tartari
Solisti vari; Les Talens Lyriques: direttore: christophe rousset aparté

Antonio Salieri (1750-1825) fu un rivale di Mozart e per molti versi ebbe una carriera internazionale di maggior successo. Ma la sua opera Cublai , gran kan de’ tartari fu un disastro. Lavoro satirico con il libretto di Giovanni Battista Casti, prendeva in giro la corte dello zar, nascosto sotto antiche spoglie asiatiche. Nel 1788, poco prima del debutto a Vienna, l’opera fu vietata: la guerra austro-turca e l’alleanza tra Austria e Russia non permettevano scherzi del genere. Così Cublai fu accantonata. È riemersa solo nel 1998 in una traduzione tedesca. La prima in italiano è stata rappresentata nel 2024. Per le orecchie moderne forse Salieri non ha il genio di Mozart, ma era una figura d’immenso talento, con una comicità tagliente nel seguire il testo di Casti e deliziosa nella partitura, qui eseguita ai massimi livelli dai Talens Lyriques sotto la direzione sempre elegante di Christophe Rousset. A guidare lo spettacolo è Mirco Palazzi nel ruolo del despota Kublai Khan. Ma ci sono anche dei cortigiani che complottano a suo favore o contro di lui, il figlio infantile, due giovani amanti e degli intriganti italiani. Il risultato è uno spettacolo colorato e folle.
George Hall, Bbc Music Magazine

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1624 - 25 luglio 2025
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