Willoughby, il personaggio protagonista del secondo album di Ethel Cain, era già comparso in un brano del debutto Preacher’s daughter del 2022, che raccontava un periodo difficile nel mondo malato e semiautobiografico della sua creatrice, Hayden Anhedönia, vero nome della cantautrice trans statunitense. Alla fine di quell’album, Willoughby rappresentava l’innocenza. Seguito dell’infernale ep Perverts, Willoughby Tucker, I’ll always love you mette da parte una visione rosea della giovinezza per dipingere un’immagine cupa. La formula è familiare: un mix di passaggi strumentali epici e voci sussurrate, condite da crescendo inaspettati, come in Fuck me eyes. “Per favore vacci piano con me” implora la musicista in Tempest, prima d’irrompere con una dolce impennata di rumore. Questo disco è un esempio della sua capacità di costruire saghe musicali e culmina nella partenza di Willoughby, l’evento che spezza l’ultimo filo che lega Ethel alla realtà e alla sanità mentale, in un’ondata di struggente tristezza, amore, desiderio e perdita. Mentre Ethel è distrutta e abbandonata, Hayden emerge più forte che mai come una delle migliori cantautrici statunitensi, abile a creare e descrivere atmosfere.
Ben Tipple, DIY
C’è stato un tempo in cui Chance the Rapper controllava pienamente la sua immagine: filantropo, uomo di fede, icona indie di Chicago, imprenditore dei cappellini, padre felice e marito ancor più soddisfatto. Poi è arrivato il disastroso The big day (2019), una celebrazione superficiale del matrimonio e della fede, che in pochi mesi ha trasformato Chance da uomo di talento a meme. Dopo quel flop, un’amica gli ha detto che sembrava trattenersi troppo. L’idea di scrivere comunque pensieri e paure, anche senza pubblicarli, gli è rimasta impressa: tre anni fa l’ha definito “il miglior consiglio artistico mai ricevuto”. Da questo concetto nasce Star line, il nuovo album in cui prova a bilanciare ottimismo e vulnerabilità, raccontando i sei anni passati: i trent’anni, il viaggio in Ghana, la crisi religiosa e il divorzio dalle moglie. Mi sono venuti in mente il canto malinconico di di Kanye West e le esplosioni terapeutiche di di Kendrick Lamar. Ma questo disco sfiora solo superficialmente le emozioni. Pur avendo tanto materiale, Chance sembra restio a esporsi. I brani più sinceri (The highs & the lows, Back to the go, Pretty) rivelano fragilità e malinconia, ma spesso la scrittura appare poco spontanea. Altri pezzi si rifugiano nel suo vecchio stile, tra giochi di parole e soul gospel levigato. Star line non è un brutto disco, ma è troppo prudente: più un tentativo di ripartire senza rischiare che un’opera coraggiosa.
Alphonse Pierre, Pitchfork
Ho ascoltato per la prima volta il pianista italoaustraliano Jonathan Ferrucci in una registrazione dal vivo delle variazioni Goldberg di Bach, che si distingueva per maturità stilistica e attenzione ai dettagli rivelando l’influenza della sua mentore, la pianista Angela Hewitt. Questo cd solista d’esordio dedicato alle toccate per tastiera di Bach suscita un’impressione simile. La libertà metrica e gli abbellimenti generosi sono gestiti con tale sottigliezza e senso delle proporzioni che difficilmente si notano gli occasionali raddoppi di ottava o l’uso del pedale per garantire la massima trasparenza nelle fughe. I picchi e le valli nella dinamica della Fuga in sol minore potrebbero cogliervi di sorpresa. L’esposizione della Fuga in mi minore è stata raramente così vivace e leggera, mentre la nitida articolazione e gli accenti vivaci delle fioriture del presto in re maggiore evocano il suono di un clavicembalo senza cercare di imitarlo. Un’esecuzione di Bach così chiara e intelligente non è da prendere alla leggera.
Jed Distler, ClassicsToday
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