Cultura Suoni
Baby
Dijon (Zachary Harrell Jones)

Comparire in una canzone di Bon Iver, comporre parte del miglior album solista di Justin Bieber e ottenere un ruolo nel prossimo film di Paul Thomas Anderson sarebbe già un curriculum notevole. Ma se oltre a questo realizzassi anche un disco rnb illuminante? Dijon, cantante e produttore 33enne nato a Baltimora, ha scelto la strada lenta verso il successo. Ha collaborato con i Brockhampton, Charli XCX, Kanye West e altri, mostrando un gusto che unisce Little Feat e Chaka Khan a Lucinda Williams. Dopo l’exploit dell’amico Mk.gee, ora tocca a lui: Baby è la sua esplosione definitiva. Non è un debutto né un ritorno, ma una conferma. Con il precedente Absolutely aveva già colpito per intensità e vulnerabilità. Ora Baby amplifica quelle qualità: registrato in casa, trasmette intimità domestica e isolamento. È un disco che intreccia paternità e successo, a partire da Baby!, in cui racconta l’incontro con la moglie Joanie e la nascita del figlio, tra dolcezza e fatica. Another Baby! fonde funk e sintetizzatori, offrendo un’insolita variazione sul tema rnb. Il suono si muove tra interludi lisergici e momenti incendiari come in Fire!, dove gospel e dance s’intrecciano. Dijon manipola la voce come uno strumento, stratificandola sopra chitarre e groove estatici. Con Baby il suo stile trova la forma perfetta: il disco oscilla tra vulnerabilità e sensualità, intimo e universale ed è destinato a consacrarlo definitivamente.
Matt Mitchell, Paste

It’s a beautiful place
Water From Your Eyes (Adam Powell)

“Ho odiato la chitarra”, ha dichiarato recentemente Nate Amos dei Water From Your Eyes, “e a un certo punto ho capito che non c’è niente di più divertente di un assolo di chitarra”. Affermazioni che spiegano il cambio stilistico del nuovo album. Combinando umorismo ed esistenzialismo, Amos e Rachel Brown ci affascinano con la loro irrequietezza. Ne sanno abbastanza dei canoni pop per manipolarli, passando dall’easy listening alla musica microtonale. Considerare It’s a beautiful place divertente sarebbe come dire che Fargo è una commedia su un venditore di auto usate e definirlo un disco di chitarre non renderebbe giustizia all’ampiezza degli stili con cui si misura. Rispetto al precedente Everyone’s crushed, influenzato dalla rabbia post-pandemica, qui ci sono più speranza ed energia. Per il duo di Chicago “niente è importante o tutto è importante”: un’affermazione di Brown che dice molto dell’esistenzialismo cosmico presente in questo lavoro e qualcosa anche della sua attenzione ossessiva per i dettagli. I brevi brani ambient in apertura (One small step) e in chiusura (For mankind) hanno gli stessi suoni, per rendere circolare l’universo della band.
Philip Sherburne, Pitchfork

The Swr recordings
Nelson Freire, pianoforte: con orchestre e artisti vari

Ripescati dagli archivi della radio tedesca Swr, questi inediti di Nelson Freire arricchiscono la discografia ufficiale di un artista la cui traiettoria in studio è stata piena di ostacoli, fino al suo sublime autunno alla Decca. Per i lavori solisti, il contenuto è sostanzialmente un recital del 1999 a Magonza, che ha un programma tipico del pianista brasiliano soprattutto grazie alla Fantasia di Schumann, uno dei suoi cavalli di battaglia. Un altro gioiello sono le Estampes di Debussy. Più sorprendenti i pezzi concertanti. Prométhée di Skrjabin, del 1979, sarà una sorpresa per molti ascoltatori. Sono di nove anni prima le Noches en los jardines de España di Manuel de Falla, un misto perfettamente dosato di mistero e chiarezza, e una Grande polonaise brillante di Chopin che impressiona per gli effetti timbrici miracolosi. Freire non aveva mai fatto un disco di Mômo­precóce, pezzo per orchestra e piano del suo compatriota Heitor Villa-Lobos. Eccolo in una registrazione del 1999 in cui, come un diavoletto che esce dalla scatola, il pianista non smette mai di rimbalzare tra ritmi sempre perfettamente cesellati. È un’edizione necessaria.
Laurent Muraro, Diapason

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1629 - 29 agosto 2025
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