Leviatano ricostruisce il viaggio meditativo che lo scrittore britannico Philip Hoare intraprese alla ricerca dei giganti dei nostri oceani, con in tasca una copia di Moby Dick. Quando si trovò faccia a faccia con una balena al largo del Massachusetts, la prima reazione di Hoare fu di gridare: “Cazzo!”. Poi cominciò a seguirle: da un acquario di Coney Island alle sale del museo di storia naturale di Londra, fino a nuotare nelle acque più profonde dell’Atlantico. La reazione iniziale di Hoare nel vedere una balena non cambia molto più avanti nel libro, quando si tuffa per nuotare con un capodoglio e se la fa addosso dalla paura. Eppure queste pagine contengono una quantità enorme d’informazioni: dalla dimensione del cervello del capodoglio (più grande del nostro) a quella dei testicoli della balena franca (molto, molto più grandi dei nostri), fino ai mille modi in cui abbiamo utilizzato la carne dei cetacei. Ma Leviatano è soprattutto una preghiera per la sopravvivenza di queste creature. Le balene sono eroiche nel prendersi cura del branco ed è proprio la tattica usata dai capodogli per difendersi dalle orche – creare un cerchio protettivo attorno ai piccoli – che permise ai balenieri di ucciderne a decine. W.G. Sebald aveva lodato uno dei precedenti libri di Hoare e capisco perché i due scrittori potrebbero ammirarsi a vicenda. Entrambi guardano il mondo con occhi tristi e sapienti.
Ruaridh Nicoll, The Guardian
Nel nuovo capitolo del racconto rurale di Elizabeth Strout, dopo sedici anni e otto romanzi, le sue indimenticabili protagoniste – Olive Kitteridge e Lucy Barton – sono finalmente arrivate a incontrarsi sulla stessa pagina. È difficile pensare a due personaggi più riccamente tratteggiati nella narrativa contemporanea. Olive è apparsa per prima (in Olive Kitteridge, 2008): ex insegnante e tiranna per vocazione; burbera e cocciuta – ma con un cuore ferito da proteggere. Lucy è arrivata nel 2016 (Mi chiamo Lucy Barton), come una scrittrice affermata ma timida, segnata dalla povertà dell’infanzia; una donna gentile dai desideri gentili. Strout non aveva un piano letterario prestabilito. “Non ho mai avuto l’intenzione di continuare a scrivere degli stessi personaggi”, ha spiegato in un’ intervista al Guardian. Ma Olive e Lucy esercitano un’enorme forza di gravità narrativa. Al di là dei loro dialoghi, Raccontami tutto è un libro tumultuoso, il romanzo più intensamente intrecciato di Strout: ci sono nascite, morti e matrimoni, rotture familiari e confessioni mostruose, qualche scandalo di provincia e un bel po’ di amori non corrisposti. C’è perfino un brutale omicidio da risolvere. Ma qualcosa del progetto di Strout si è guastato negli ultimi due libri. Quello che prima sembrava profondamente umano ora appare insistentemente sentimentale e vagamente condiscendente.
Beejay Silcox, The Times Literary Supplement
Cinque anni dopo che la pandemia ha messo in pausa il mondo, il covid si sta dimostrando ancora un virus “nuovo” per la narrativa nordamericana. Amity Gaige ne segue la lunga ombra nei boschi, dove incontra un’infermiera in pericolo di nome Valerie Gillis sul sentiero degli Appalachi. Il cuore della foresta, quinto romanzo di Gaige, è un thriller che potrebbe funzionare anche senza riferimenti espliciti alla pandemia, ma che trae la sua forza emotiva proprio dalla memoria condivisa di quel momento. Valerie si prende cinque mesi di aspettativa dopo aver eroicamente lavorato negli ospedali, per percorrere da sola l’Appalachian trail, con il supporto logistico del marito. Ma durante il cammino, capisce di non amarlo più e, fedele alla propria sincerità, glielo dice. Poco dopo, da qualche parte nelle foreste del Maine, in una “muraglia claustrofobica di vegetazione”, scompare. Pensate di aver già capito come va a finire? Credetemi: vi sbagliate.
Ron Charles, The Washington Post
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