Il film di Ben Hania ha infiammato la Mostra del cinema di Venezia. Racconta il calvario di una bambina di sei anni, uccisa a Gaza nel 2024 dall’esercito israeliano. Con sorprendente audacia, la regista tunisina ha usato le registrazioni della voce della bambina al telefono, ricostruendo il dramma dei soccorritori che le risposero. Qualcuno ha criticato l’idea della regista di mescolare realtà e finzione. Ma la sua è una provocazione, sconsiderata e spietata. Afferra a due mani uno dei temi più rilevanti dei nostri tempi e ce lo mette sotto il naso. Tra vent’anni non ci sarà nessun dibattito sull’opportunità di raccontare questa storia in una docufiction. Perché non farlo ora? Un’opera feroce e veemente.
Peter Bradshaw, The Guardian
Stati Uniti / Irlanda / Francia 2025, 119’.
Per il suo film Jarmusch ha adottato un tono minore, che spesso è il suo tono migliore. È un trittico costruito intorno a interazioni ostinatamente anonime tra padri, madri, figli e fratelli. I tre episodi sono collegati concettualmente e producono un effetto complessivo unico. I primi due, con due coppie di fratelli che fanno visita a un genitore, sembrano voler sottolineare un vuoto mentale (o anche emotivo). Il terzo (più toccante) episodio, su due gemelli che vanno per l’ultima volta nell’appartamento dei genitori morti, cuce tutto insieme. Un film semplice e silenzioso che affronta il quotidiano in modi che potrebbero ricordare i capolavori di Jarmusch. A tratti sembra proprio una delle poesie scritte dal personaggio interpretato da Adam Driver in uno di quei capolavori, Paterson (2016), qualcosa destinato a essere messo da parte, un’idea o un sentimento e poco più, forse da riscoprire anni dopo.
Bilge Ebiri, Vulture
Stati Uniti 2025, 123’.
Dwayne Johnson (ex e per sempre The Rock) è così bravo nel film di Benny Safdie, sul pioniere delle arti marziali miste Mark Kerr, che viene voglia di smontare la macchina per vedere come funziona. Johnson trae dal film un’iniezione di credibilità e probabilmente una nomination all’Oscar che potrebbe lanciarlo in una nuova fase della sua carriera. Più interessante quello che invece il film ottiene da Johnson, cioè un metatesto del suo background di lottatore, del suo corpo e della sua fama che aggiunge una dimensione a una biografia insolitamente raffinata e a un film sportivo poco sensazionalistico. The smashing machine diventa così un affascinante saggio su fisico e fama di un uomo che ha quasi sacrificato il primo per raggiungere la seconda, interpretato con abilità da qualcuno che è l’epitome di entrambi.
Jessica Kiang, Sight & Sound
Cina 2025, 131’.
Nonostante il titolo, The sun rises on us all è un film cupo in cui sacrificio e senso di colpa gravano sui personaggi. Meiyun (Xin) ritrova l’ex amante anni dopo che lui si era preso la colpa di un incidente causato da lei. In questa cornice si sviluppa un dramma morale minimalista in cui la donna deve destreggiarsi con sentimenti complessi. Il film non è mai esagerato, le emozioni sono lasciate covare sotto la superficie. L’interpretazione concreta di Xin ancora il film, e si rimane gradualmente catturati dal tumulto interiore del suo personaggio.
James Mottram, The South China Morning Post
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati