Cultura Suoni
Vie
Doja Cat (Greg Swale)

Il primo suono che si sente in Vie è un sax, che subito evoca le atmosfere pop anni ottanta. Il brano di punta del disco, Aaahh men!, è costruito sul celebre tema della serie tv Supercar, mentre All mine cita Grace Jones nel film 007 - Bersaglio mobile. Doja dà il meglio quando equilibra hip-­hop e pop, ma Vie si concentra soprattutto sul secondo: beat leggeri, sintetizzatori squillanti e sax lontani dominano i brani. Solo Acts of service e Make it up offrono sfumature trap più incisive. La cantante mostra la sua voce raffinata in Jealous type e Stranger, ma sono le sue rime a brillare davvero, come nella potente Aaahh men!, dove sputa versi ironici e provocatori: “Sono gay o solo arrabbiata?”. Anche se spesso i mezzi d’informazione la paragonano ad altre artiste, qui Doja Cat richiama più che altro figure maschili: il flow di Kanye West in Gorgeous, le inflessioni di Eminem in Stranger e il falsetto alla Prince in All mine, la cui impronta attraversa l’intero disco. Al di là delle parti rap, Vie appare più come un esercizio di nostalgia che un dialogo con il passato. La volontà della rapper-cantante di allargare il suo orizzonte artistico ci permette di goderci la nostalgia di brani come Come back, che evoca quelle sognanti pubblicità della cioccolata bianca Nestlé degli anni ottanta. Ma l’album nel suo complesso è probabilmente troppo leggero e ripetitivo per lasciare il segno.
Sal Cinquemani, Slant

Getting killed
Geese (Lewis evans)

La disperazione dona ai Geese. L’abbiamo capito soprattutto con l’album solista Heavy metal del loro cantante Cameron Winter, capace con la voce di attirare la nostra attenzione in modi contrastanti e poi spezzarci il cuore. Nessun artista prima di lui aveva borbottato le parole “fuck these people” in maniera così intensa in una ballata. Con il sorprendente successo di quel disco, un gruppo meno ingegnoso avrebbe potuto farsi addomesticare dall’industria e livellare le eccentricità. Invece Getting killed è il loro lavoro più strano. È musica ansiosa e frammentata, che può diventare un urlo paranoico come una dichiarazione d’amore. Grazie al supporto del produttore Kenny Beats, la band newyorchese esplora suoni stridenti senza stare dietro alle strutture più tradizionali del rock. Tuttavia sembra che si trovino a loro agio sia in territori selvaggi sia con inni da festival, come Taxes o Half real. La fortuna inaspettata del disco di Winter, dovuta anche ad aspettative basse, ha fatto sì che ora i Geese possano proporre a un pubblico più vasto la loro opera più idiosincratica, anche se una cosa fa parte del loro dna fin dall’inizio: una curiosità indomabile che non ha bisogno della saggezza.
Sam Sodomsky, Pitchfork

Mendelssohn: Sogno di una notte di mezza estate
Max Urlacher, narratore; Rias Kammerchor: berlino; freiburger barockorchester; direttore: pablo heras-casado

Pablo Heras-Casado e l’orchestra barocca di Friburgo proseguono la loro affascinante esplorazione nell’universo del primo romanticismo, svelando le possibilità espressive e timbriche di strumenti e pratiche storicamente informate in questo repertorio. Pochi ensemble con strumenti antichi vantano la varietà di colori e la flessibilità di questa formazione, ormai abituata ad abbandonare la sua comfort zone barocca e adattare il suo suono alle più grandi densità romantiche, soprattutto quando lavora con il direttore spagnolo. Il risultato è una registrazione brillante, ricca di sfumature e colori. L’agilità e la qualità del suono balzano all’orecchio nello Scherzo, eseguito con un ritmo fermo e ben definito, con fiati superbi (soprattutto i flauti) dai timbri rotondi e caldi. La Marcia degli elfi emerge scintillante, mentre l’Intermezzo si dispiega come un incessante flusso e riflusso d’intensità mutevole. I corni sono brillanti e impeccabili nel Notturno, eseguito senza inutili rallentamenti. Anche il coro della Rias è impeccabile.
Andrés Moreno Mengíbar, Scherzo

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1634 - 3 ottobre 2025
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