Di solito nell’analisi dei luoghi si tendono a separare il paesaggio naturale e la storia della sua antropizzazione. Questo libro invita a non farlo, studiando proprio le relazioni tra natura e presenza umana attraverso alcuni importanti casi italiani. Lo ha scritto una studiosa di letteratura ed ecologia che insegna all’università della North Carolina. Attraverso l’osservazione diretta, le memorie, i resoconti di viaggiatori, le analisi di scienziati e di attivisti, cerca di usare Napoli, Venezia, le regioni di alcuni forti terremoti (Belice, Irpinia, Abruzzo) e le Langhe come testi complessi, contraddittori, che nel corso del tempo sono stati letti, interpretati, modificati e trasmessi ai posteri. L’obiettivo è comprendere se sono stati interpretati correttamente, e dunque a seconda dei casi rispettati, assecondati, curati, risarciti, oppure no. Ogni volta emergono alcuni caratteri locali originari (la porosità del tufo di Napoli, la “respirazione” della laguna, la sismicità degli Appennini) che danno il tono alla storia. Fatta spesso di violenze naturali e umane capaci di colpire popolazioni e paesaggi, ma anche di momenti di resistenza: politica (come quella dei partigiani raccontati da Nuto Revelli), artistica (come il progetto Napex di Amura o il cretto di Burri a Gibellina) ed ecologica.
Il libro insegna a leggere le tante tracce lasciate da questo intreccio. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1497 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati