Quando si parla delle migrazioni è molto facile fare confusione, mettendo insieme cose che non hanno molto a che spartire. Come spiega questo libro collettivo, informato e analitico, una cosa sono i migranti internazionali, cioè le persone che vorrebbero esercitare il “diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni stato” garantito dalla dichiarazione universale dei diritti umani.

Poiché tuttavia questo diritto è distribuito in modo straordinariamente ineguale (“il passaporto italiano permette di viaggiare senza visto per 189 destinazioni, quello siriano verso 29, quello iracheno 28, quello afghano 26”), per chi vuole spostarsi l’illegalità diventa l’unica soluzione.

Un’altra cosa sono i migranti forzati, quanti cioè si muovono a causa di guerre, crisi e catastrofi. Alla fine del 2020 erano quasi 90 milioni di persone. Tra questi ci sono poi i rifugiati nei campi profughi, che hanno bisogno di un reinserimento in un paese terzo. Tre anni fa erano poco meno di un milione e mezzo, e solo il 2,4 per cento di loro è stato effettivamente reinserito.

In sintesi, di fronte a un bisogno sempre più drammatico e urgente di accoglienza, le frontiere, soprattutto quelle europee, si chiudono, producendo ingiustizie e facendo aumentare le disuguaglianze. La guerra in Ucraina, poi, ha fatto crescere queste cifre, e non è la sola. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati